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Terroristi 1982

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Azione drammatica
in un prologo e due giorni


PERSONAGGI
Stefano
Alessandro
Dimitri
Anna
Pietro
Nicole
Alex


Scena
L’azione prevede quattro cambiamenti scenici, due nel primo giorno e due nel secondo. Gli elementi della scenografia sono in funzione d’un’estrema essenzialità. Pannelli scorrevoli riveleranno di volta in volta i quattro ambienti.
Nel primo giorno: un interno grigio con poche suppellettili - un tavolo e alcune sedie – e una porta nel fondo; un ambiente esterno contrassegnato dalle sagome di alberi inseriti in un fitto bosco, al cui centro è una grotta di tufo; un muro bianco sporco con una porta al centro.
Nel prologo e nel secondo giorno: lo stesso muro, poi lo squallido interno di Dimitri, con tavolo, sedia, un fornelletto a gas.

Musica
L’ordito musicale è composto. Nel prologo, molto del primo Ciaikovskij, le prime sinfonie “russe” per esempio. Nel primo giorno, alla violenza espressionista del “Mandarino meraviglioso” di Bela Bartok, succede la salmodia accorata e misteriosa de “I pini presso una catacomba” di Ottorino Respighi. Nel secondo giorno, musica concreta, poi il ritmo ossessivo di strumenti a percussione.


PROLOGO

Ambiente Dimitri.
Dimitri, solo in scena, in piedi. Suona il violino. Nella zona-orchestra della sala, accompagnano Dimitri un pianista-vocalista ed un percussionista. La musica eseguita è una sinfonia di folklore russo-ucraino, forse una citazione di una sinfonia di Ciaikosvkij.
Dimitri indossa una lunga palandrana russa.
Entrano in scena, avvolti in mantelli e in pastrani ottocenteschi russi, Stefano, Alessandro, Anna e Nicole.
Dimitri li vede. Ha un sussulto. Smette di suonare. Continua in sottofondo la musica dell’orchestra.



STEFANO: Sei pronto – Dimitri?
DIMISTRI: Oggi?
STEFANO: No – non c’è fretta.
(pausa. Dimitri scruta i convenuti, con animosità)
Domani. Alla stessa ora.
(si siede. Dimitri ha ripreso il controllo di sé. Guarda di nuovo gli altri)
STEFANO: Ti dà fastidio che li abbia portati con me?
Non voglio ancora crederci!
DIMITRI: Non mi dà nessun fastidio – ma domani voglio essere solo.
STEFANO: Io però ci sarò – e anche un altro.
DIMITRI: Preferirei farlo da solo.
STEFANO: Mi dispiace – ho degli ordini.
Dobbiamo essere in due.
DIMITRI: Già – gli ordini: mai azioni da solisti.
STEFANO: Voglio ricordarti che hai promesso
di scrivere e di firmare tutto quello che ti detterò.
DIMITRI: Per me fa lo stesso.
STEFANO: Devi capirci – per noi è importante.
DIMITRI: D’accordo – capisco tutto.
E ora non ve ne andate?
STEFANO: Abbiamo appena mangiato – non vuoi offrirci un po’ di tè?
DIMITRI: Servitevi.
STEFANO: Prima eri tu a darcelo.
DIMITRI: E adesso non mi va.
Prendetevi il vostro tè e poi andatevene.
Gli altri si servono, tranne Alessandro, dal samova.
NICOLE: Puah – non è né caldo né freddo.
DIMITRI: (ad Alessandro) Tu chi sei?
ALESSANDRO: Alessandro – sono nuovo.
DIMITRI: Non bevi il mio tè?
ALESSANDRO: No.
DIMITRI: Non ti fidi?
ALESSANDRO: Questa casa puzza di misticismo
non mi piace bere il tè in una chiesa.
STEFANO: Che sciocchezze stai dicendo?
ALESSANDRO: Scusami – io non ci capisco ancora niente
sono qui per osservare.
STEFANO: E allora stai zitto.
ANNA: Stefano ha ragione – le chiacchiere sono inutili.
DIMITRI: Io non faccio chiacchiere. Ho detto che manterrò la parola.
STEFANO: Non ne ho mai dubitato.
So che sei un vero rivoluzionario.
DIMITRI: Tu mi fai ridere.
STEFANO: Bene – sono contento di metterti di buon umore.
ANNA: Non stiamo qui a complicare le cose.
NICOLE: Giusto – andiamocene.
ANNA: Se no questo – magari ci ripensa.
DIMITRI: Avete una gran voglia che m’ammazzi
e adesso avete paura che non lo faccia?
STEFANO: Momento. Sei stato tu ad associare
il tuo suicidio con le nostre azioni.
ANNA: E adesso ci sei dentro fino al collo.
Noi abbiamo fatto quello che s’era stabilito
non puoi più tirarti indietro.
DIMITRI: Non avete nessun diritto su di me.
STEFANO: In un certo senso è così
si tratta d’una tua libera volontà.
A noi basta che questa tua libera volontà si compia.
DIMITRI: E io – dovrò assumermi tutte le vostre azioni criminose?
STEFANO: Qui non c’è nessun crimine – Dimitri.
Sai bene che siamo in guerra
e fino a qualche tempo fa c’eri anche tu
accanto a noi.
ANNA: Non sarà che hai paura?
Se vuoi rifiutarti – dillo subito.
DIMITRI: Non ho paura.
ANNA: E allora perché quella domanda
DIMITRI: Perché mi piace stuzzicarvi – Vi disprezzo.
E adesso ve n’andate no?
NICOLE: Ce ne andiamo – ce ne andiamo.
Ma perché ci tieni tanto?
DIMITRI: Affari miei.
STEFANO: Tu vuoi che ce ne andiamo
per isolarti – per concentrarti
ma è proprio questo che mi preoccupa.
Tu ci vuoi pensare – ci vuoi pensare troppo.
Secondo me è meglio non pensare – fallo e via.
DIMITRI: Una cosa mi ripugna in tutto questo è
che domani – quando mi ammazzerò –
sarò vicino ad un essere immondo come te.
STEFANO: Io posso allontanarmi
quando ti ucciderai – così starai meglio
non si nega l’ultimo desiderio al condannato a morte.
L’importante è che tu faccia quello che hai promesso.
Se poi vuoi pensare che io sono molto inferiore a te
pensalo – pensa che non capisco niente.
DIMITRI: Non ho detto questo. Tu avrai anche delle doti
ma certe cose non puoi capirle perché sei spregevole.
STEFANO: Insultami pure – in un momento come questo
ti concedo tutto.
DIMITRI: Credi di essere furbo, eh?
STEFANO: Io non credo niente – ti ascolto con molto rispetto.
DIMITRI: Non riesci a nascondere la tua rabbia meschina.
STEFANO: Qui sbagli – Dimitri.
DIMITRI: So benissimo che non l’ammetterai
perché non ti conviene! Ma – se mi fate andare in bestia
c’è il caso che io voglia altri sei mesi di vita!
STEFANO: Io non ho mai capito niente della tua teoria.
ALESSANDRO: Ma quale teoria? Qui si gioca agli indovinelli.
(Un’occhiataccia di Stefano basta a far tacere Alessandro)
STEFANO: Ma so che non l’hai inventata per noi.
Dunque la metterai in pratica anche senza di noi.
So anche che non sei stato tu a mangiarti l’idea
ma che è l’idea che ha mangiato te – dunque non rimanderai.
DIMITRI: Come – L’idea m’ha mangiato?
STEFANO: Già.
DIMITRI: E non sono stato io a mangiarla?
STEFANO: Appunto.
DIMITRI: Benissimo – Sapevo che non sei del tutto stupido.
È proprio così – solo che tu lo dici per irritarmi
e io invece ne vado fiero! Fierissimo!
STEFANO: Così va bene.
ANNA: Possiamo andare.
DIMITRI: Andate – andate –tornate nei vostri covi
(scoppia d’improvviso in una risata folle, fragorosa)
a covare le uova marce della vostra rivoluzione!
(riprende a suonare il violino)
Fortissimo della musica.
I quattro si allontanano, escono dalla zona di luce che è tutta concentrata su Dimitri che suona.
I quattro sono in silhouette, in primo pian).
ALESSANDRO: (a voce altissima, a sovrastare la musica) Ma dite un po’ – Non è matto, quello lì?
Non è matto?
Gli altri non rispondono.
Escono.
Brusca interruzione della musica.
Dimitri posa il violino. Si toglie la palandrana ottocentesca.
Sotto ha abiti moderni. Si toglie il trucco con un solo, rapido gesto. È diventato Pietr).


PRIMO GIORNO

Interno.
Musica in sottofondo: il “Mandarino meraviglioso”.
L’interno è immerso in una violenta luce rossa.
Un faro perentorio circoscrive un personaggio seduto dietro un tavolo. Pietro. Intorno a lui non si distingue nulla. Pietro sta regolando un microfono. Comincia a parlare, rigido, fanatico.

PIETRO: Qui non c’è posto per mito o utopia
qui non c’è né Georges Sorel né Karl Marx
qui c’è solo disperazione
qui c’è la ricchezza che viene dalla disperazione
Mi guardo intorno stupito: qui respiro
lo spirito del secolo.
il sabotaggio compiuto dall’operaio
è storico – è positivo
Non conosco niente di più alto
di quest’attività continua
di franco tiratore – di assenteista
di sabotatore – di deviante
di criminale
che mi trovo a vivere
E – immediatamente –
sento il calore della comunità proletaria
ogni volta che mi calo il passamontagna
Pausa.
Questa mia solitudine è creativa
il rischio non m’offende – anzi
mi riempie d’emozione febbrile
come attendendo l’amata
Non mi tocca il dolore dell’avversario
la giustizia del popolo agisce
con la potenza d’una convinzione logica
Non so cosa sia il solletico
della disperazione dei bisogni
Eppure tutto questo non basta:
il rapporto col nemico di classe è uno solo
lo si vince per sostituirlo
mai come ora – mai più senza fucile.
Ogni mio gesto è materiale
la fantasia ha gli scarponi
il desiderio è violenza
l’invenzione è organizzata
Siamo qui – incrollabili
Abbiamo un metodo di distruzione del lavoro
siamo alla ricerca d’una misura giusta
del non lavoro
Rifiutiamo la schifosa servitù
che ci è stata imposta dai padroni
e che il socialismo ufficiale
ci ha fatto accettare come araldo di nobiltà
No – non possiamo davvero dirci “socialisti”
non possiamo più accettare la vostra infamia
“Siamo tutti bastardi”
Come ha detto il filosofo – occorre scegliere
fra restare terrorizzati
o diventare terribili
Noi abbiamo scelto il terrorismo.
Applausi registrati. Si spegne il faro su Pietro.
La luce rossa è sostituita da una caligine grigiastra che tende verso il chiaro.
Pietro reclina il capo sul tavolo.
Alle spalle di Pietro prendono vita due personaggi, prima immobili in un angolo: sono Anna e Nicole. Pietro alza il capo. Il microfono è scomparso
Il controluce rende incerti i contorni delle tre silhouettes. Figure anomale e striscianti, i tre tradiscono l’ansia d’un’attesa ormai lunga.
Diminuendo della musica, che resta in sottofondo. Pietro accende una lampada spiovente sul tavolo quindi torna a sedersi, assorto.
Nicole si muove continuamente nella stanza. Anna è ferma, in piedi.
NICOLE: È notte fonda e ancora non si vede
ANNA: È in ritardo.
NICOLE: Due ore buone – cristo – non mi piace!
ANNA: Lui è così – non è mai puntuale.
NICOLE: Cosa fai: lo difendi? – vuoi scusarlo?
ANNA: Sarà stato trattenuto.
Non serve a niente questa tua impazienza.
NICOLE: Noi non contiamo più – manovalanza.
(A Pietro, con sarcasmo)
Tu che dici – compagno professore?
(Pietro non risponde) Lo vedi Anna?
Non parla più – ha perso la parola
e sì che prima ce ne aveva tante.
ANNA: Smettila Nicole.
NICOLE: Io non l’ho mai potuti sopportare
questi signorini con la puzza sotto il naso
che non facevano altro che parlar di bombe
in quelle loro riviste intellettuali.
PIETRO: (stancamente) Se i miei scritti non t’andavano
potevi contraddirli – “Campo Rosso”
era una tribuna aperta al Movimento.
NICOLE: Senti come si riempie la bocca coi suoi “scritti”!
ANNA: Basta adesso!
(Silenzio lungo. Poi Pietro si rivolge ad Anna)
PIETRO: Perché quel caporale
ci fa stare qui in attesa dei suoi ordini?
ANNA: Non sono suoi gli ordini.
PIETRO: Già – lui è soltanto una staffetta
ma noi ci giochiamo le palle aspettandolo!
NICOLE: La paura ti fa scendere di cattedra
eh professore?
(Pausa. Musica.
Pietro riprende, lugubre, parlando a se stesso)
PIETRO: Mi sento sgonfio
tutti non hanno fatto altro che mungere le mie idee
e ora che la situazione sta precipitando
mi tengono al di fuori d’ogni cosa.
ANNA: Non puoi fare a meno di tirare in ballo
la tua posizione personale?
PIETRO: Ma è frustrante! Non sappiamo niente
non sappiamo più chi ci comanda!
ANNA: Che tu lo voglia o no – siamo la base.
NICOLE: Non gli va giù di far la base.
PIETRO: Ma la base di che?
Siamo una base senza figura geometrica.
ANNA: Dovevi sapere quello che facevi
quando sei passato con noi.
PIETRO: Allora era diverso
non eravamo topi nella stiva.
ANNA: Stefano ci dirà cosa dobbiamo fare.
PIETRO: Ma perché non viene?
ANNA: Verrà.
Pausa, poi musica in crescendo.
PIETRO: (urla) Ma non vedi che andiamo a ruota libera?
ANNA: È un momento difficile – d’accordo
ma tu ti ostini a scoprire un muro
dietro ogni mattone.
Tu che eri sempre all’avanguardia
stai diventando un campione di dietrologia.
PIETRO: La realtà è un’altra – siamo al buio
si prendono decisioni non concordate
si vola un miglio sulle nostre teste.
ANNA: Forse hai ragione ma non so che farci.
Tu cosa proponi?
PIETRO: È venuto il momento di staccarsi.
ANNA: Un’altra scissione?
PIETRO: Un’area differenziata
basata su nuovi principi democratici.
NICOLE: Magari tuoi.
PIETRO: Ti proibisco di continuare a provocarmi.
NICOLE: Tu non proibisci una sega!
Ricordi quando venni a casa tua?
Volevi farmi stare tutta notte
in un lettino con il mio compagno.
Il tuo lettone a quattro piazze – tutto per te.
Sono questi i tuoi principi democratici?
PIETRO: Non so che dire
contro questi argomenti da
NICOLE: Già – tu non scendi al mio livello.
Ti credi migliore di me solo perché
hai riempito di fumo quattro libri.
PIETRO: Ma che ne sai tu – dei miei “quattro libri”?
Cosa facevi prima?
NICOLE: Lo sai benissimo – ero una ladra.
PIETRO: Eri una marchetta da wagon-lit
Marsiglia-Genova e Genova-Marsiglia
andata e ritorno – un cliente, un portafoglio.
NICOLE: Come vuoi: però vi facevo comodo.
Quando Alex mi presentò a te
tu mi tirasti dentro – non è vero?
PIETRO: E allora?
NICOLE: Perché l’hai fatto? Perché l’avete fatto?
PIETRO: Ma che ne so? Forse perché
dietro quel faccino pulito
che piaceva tanto ai viaggiatori
c’era una reale incazzatura.
Perché la tua emarginazione
apparteneva ad un nuovo soggetto sociale:
un lumpen proletariat pronto allo scontro.
NICOLE: Rimpinzati di parole come sempre.
Ma non l’hai ancora capito che l’azione
ha spiazzato le parole?
PIETRO: Se avessi letto qualche libro
oltre ai fumetti di Barbarella
sapresti che sono le parole che muovono il mondo.
(Silenzio.
Anna tende l’orecchio)
ANNA: Eccolo – sta arrivando.
(Entra Stefano, torvo, accigliato, guarda gli altri senza simpatia).
STEFANO: Buttate fuori quello che avete da dire.
NICOLE: Arrivi con un anno di ritardo
e subito ci fai sentire in colpa.
STEFANO: Chi comincia?
NICOLE: Se continua così si va a finire
che ci spacchiamo la testa da soli.
STEFANO: Meglio così – o preferite
che ve la spacchi la bieca reazione?
ANNA: Non mi pare il momento di fare dello spirito.
STEFANO: Cosa volete? In fretta!
ANNA: Vogliamo che siate franchi con noi.
NICOLE: Non siamo bassa forza.
STEFANO: Cosa vi sentite d’essere?
ANNA: Stefano – tu conosci la mia lealtà.
STEFANO: La conosco – al dunque.
ANNA: Da qualche tempo stento a seguirvi.
STEFANO: Spiegati.
ANNA: Le ultime azioni
non sono state approvate dalla base.
STEFANO: Come potevate approvarle
se nessuno vi ha consultati?
NICOLE: È proprio questo! Se uno di voi sbaglia
ne andiamo di mezzo tutti quanti.
Gli sbirri ormai ci sono sopra.
STEFANO: Con gli sbirri non si discute
gli si spara addosso.
NICOLE: Io volevo dire che basta seguire il filo
e arrivare al gomitolo.
STEFANO: Tanto per cominciare: di quali azioni parlate?
NICOLE: L’uccisione del Giornalista.
ANNA: E l’eliminazione del Preside della Facoltà di Legge.
NICOLE: Chi ha deciso? Perché non ci si informa?
STEFANO: Queste azioni non sono nostre.
NICOLE: Che vuol dire?
STEFANO: Altre forze si sono inserite nel gioco.
Provocatori – velleitari – vi basta?
ANNA: Non ci basta – vogliamo vederci chiaro.
Che fa la Direzione strategica?
Qual è la tattica da seguire?
STEFANO: Quella che vi indicherò io – di volta in volta.
NICOLE: Perché di volta in volta? Non vi fidate?
ANNA: Non possiamo conoscere il disegno d’emergenza
contro gli infiltrati e contro la repressione?
NICOLE: C’è questo disegno?
PIETRO: E c’è ancora una Direzione Strategica?
STEFANO: Non sono tenuto a rispondere.
Anzi – sono io che devo fare domande.
NICOLE: Che domande?
STEFANO: Prendiamo il caso del Giornalista.
V’ho già detto che la colonna
non è responsabile della sua morte.
Eppure ce l’hanno attribuita – Perché?
NICOLE: Lo chiedi a noi?
STEFANO: Su “Campo Rosso” – prima del sequestro
è uscito un articolo anonimo
che accusava il Giornalista di connivenza con lo Stato.
NICOLE: Scommetto – che l’articolo è di Pietro.
PIETRO: È mio – e allora?
STEFANO: Il corollario l’hanno tratto loro.
PIETRO: Ma il mio era un discorso generale
sulla violenza della stampa di regime
e sulla normatività della guerriglia!
NICOLE: Cazzate cazzate cazzate!
Non lo potevi tener chiuso – quel tuo pugno?
PIETRO: Io sono alla macchia proprio per le mie idee!
Ho dato tutto all’Organizzazione
un lavoro – una carriera – una professione
e tu le chiami cazzate?
Tu – ladruncola da supermercato?
(Fortissimo della musica. Pietro e Nicole si fronteggiano.
Tensione.
La musica si attenua. Stefano, imperturbabile, continua).
STEFANO: Veniamo al Preside.
(La tensione fra Pietro e Nicole si spegne subito)
La sua soppressione non rientrava nei nostri programmi.
Era un servo dello Stato ma mezza Facoltà lo stimava.
Eppure qualcuno l’ha fatto – Chi?
ANNA: Voi – sapete chi è stato?
STEFANO: Lo sappiamo.
ANNA: E noi – come c’entriamo?
STEFANO: Siete sicuri di non entrarci? – Sei sicura, Anna?
ANNA: Certo che
STEFANO: Ci risulta che sei stata l’amico di Alberto
ANNA: Alberto? Che ci ha a che fare Alberto?
STEFANO: È il leader di una masnada di dilettanti
che si fa chiamare LIA – Linea d’Intervento Armato.
Ne sai niente?
ANNA: Niente – assolutamente.
Io e Alberto ci siamo lasciati da un pezzo.
Siete male informati.
STEFANO: L’hai incontrato qualche sera fa
nei giardini dell’Università
davanti alla Facoltà di Legge.
Siete rimasti insieme per due ore.
ANNA: Ci siamo visti per motivi personali.
E non sapevo che fosse della LIA.
STEFANO: Non avete parlato della situazione politica?
Della repressione poliziesca? Della Facoltà?
Del Preside?
ANNA: Non so – non mi ricordo.
STEFANO: Fa uno sforzo.
ANNA: Ti dico che ci siamo fermati a parlare
per ragioni del tutto personali!
STEFANO: Non gli avrai dato per caso qualche informazione
sul Preside? – sulle sue abitudini? –
sui suoi orari di lezione? Tu sai tutto di lui.
Sei stata sua allieva, no?
ANNA: Sì ma – non ho detto niente a Alberto!
Credo di no!
STEFANO: Credi, Anna?
Silenzio pesante.
PIETRO: Nego che nei nostri confronti
si possano assumere atteggiamenti inquisitori.
Questa prevaricazione la dice lunga sullo scollamento
che si sta verificando tra il vertice e la base!
STEFANO: Non c’è spazio per le tue analisi – Pietro.
Che ti faccia piacere o no
i nostri giudizi sono senza appello!
PIETRO: Il mio è un discorso più allargato.
Io non accetto la mistificazione
che vuole riconoscere l’avanguardia attuale
come avanguardia di classe.
Il problema è tuttora aperto
e non può essere risolto battendo la strada
dei facili trionfalismi di gruppo!
STEFANO: La classe operaia non vuole più sentir parlare
di rivoluzione.
Non ci crede più – ha memoria dei fallimenti
e conosce il valore delle conquiste reali.
Lasciamo stare i massimi sistemi, Pietro:
al momento il partito armato
è l’unica avanguardia possibile:
noi – siamo i reggenti della lotta di classe!
ANNA: Stefano ha ragione.
Ormai possiamo solo navigare nella tempesta.
Possiamo solo rafforzare
la struttura clandestina già esistente.
Non ci sono più idee-guida.
NICOLE: Non è più tempo di lezioni – professore.
STEFANO: I vostri distinguo
la vostra libidine di discussione
i vostri dubbi filosofici
il vostro bisogno di nomenclatura
possono solo produrre nuovi guasti
e creare nuove devianze.
Pausa.
Compagni: vengo al sodo
la Direzione m’incarica di riferirvi
che un altro dei nostri vuole farci il culo.
Silenzio.
NICOLE: Chi è che vuole tradire?
ANNA: Chi è?
PIETRO: Il nome del delatore!
STEFANO: Alex.
PIETRO: Alex?
STEFANO: Il tuo discepolo – l’occhialuto professorino
quel personaggio pseudo-dostoevskiano
che passa la vita da una distruzione all’altra
dalla lotta armata all’abbandono
dal culto di te – alla tua demonizzazione
Alex – il pittorello domenicale
l’untorello che s’è ritirato a vita privata
e che ora vuole denunciarci.
Abbiamo le prove.
NICOLE: Alex? Non ci posso credere.
STEFANO: Alex conosce le ramificazioni
centrali e periferiche dell’Organizzazione.
Se parla fotte tutti – e parlerà.
ANNA: Quando?
PIETRO: Voi come lo sapete?
STEFANO: L’abbiamo sorvegliato per mezzo di persone
che lui non sospetta – Non ci sono più dubbi.
NICOLE: Ma – come è successo?
STEFANO: Pare che la molla della delazione
gli sia scattata in seguito alla notizia
delle azioni che ci hanno attribuito.
PIETRO: Si appellerà all’art. 4?
STEFANO: Ci puoi contare.
Lui sa bene che il “pentimento attivo”
viene ricompensato con la diminuzione
di metà della pena – o anche con l’assoluzione
Così il regime paga i ventriloqui della reazione.
ANNA: Quando?
STEFANO: Sappiamo da fonte sicura – che domani si costituirà.
Musica in crescendo. La luce scema. Spettrale chiaroscuro.
PIETRO: C’era da aspettarselo da quello “Schwein”.
NICOLE: Non puoi dirlo in italiano – professore?
PIETRO: Ho detto “porco”.
STEFANO: Dovevate eliminarlo quando si tirò fuori
ma foste presi da furori pietistici.
Pausa.
ANNA: Possiamo ancora farlo – prima che si consegni.
Un silenzio.
NICOLE: Io conosco bene Alex – è solo un debole
non lo credo capace di tradire.
STEFANO: Stronza! T’ho detto che lo farà!
ANNA: Non c’è tempo da perdere
quali sono le direttive?
STEFANO: Stasera stessa andrai da lui.
Ricordi le armi che nascose – per nostro incarico?
Gli dirai che ne abbiamo bisogno – subito
Lui solo conosce il punto esatto dove le ha sepolte.
È dalle parti del Lago della Contessa
vicino a una grotta di tufo.
ANNA: Verrà?
STEFANO: Verrà – di te si fida – Noi l’aspettiamo nella grotta.
NICOLE: E poi?
STEFANO: Sarà in trappola – Gli leghiamo una pietra al collo
e giù nel lago.
PIETRO: Ancora una volta – avete già deciso tutto.
STEFANO: Potete ancora rifiutarvi ma vi avverto
la colonna è sciolta
si ricostituirà altrove.
Siete liberi di fare quello che volete
di andare dove volete.
Ma Alex parlerà e non andrete lontano.
(Pausa)
Cosa decidete?
ANNA: Non vedo vie d’uscita.
STEFANO: E gli altri?
NICOLE: Mi fa schifo togliere di mezzo Alex.
È un amico.
STEFANO: È un amico – uno che ti vuole distruggere?
NICOLE: Se è vero – no.
STEFANO: È vero.
(Pausa)
Allora?
NICOLE: Accetto gli ordini.
STEFANO: Pietro?
PIETRO: Protesto contro questa soluzione prefabbricata.
STEFANO: Ma?
PIETRO: Non ho detto nessun ma.
STEFANO: L’hai sottinteso – Non è così?
Pausa.
PIETRO: Sono con voi
a che mi serve essere minoritario una volta di più?
Semioscurità. I tre escono dalla porta di fondo, uno alla volta, lentissimi. Musica: “I pini presso una catacomba” di Respighi, mentre entrano gli elementi bosco e grotta.
PRIMO GIORNO

Esterno.
Cessa la musica di Respighi.
Rumore stridente di freni d’auto.
Entrano due personaggi; si distinguono appena nella semioscurità

NICOLE: Non si vede niente -
STEFANO: Invece di lamentarti del buio
fa’ un po’ di luce – accendi i fari della macchina
NICOLE: Ma – può vederci qualcuno…
STEFANO: Il posto è isolato – e la macchia è fittissima.
Accendi quei fari!
(Nicole esegue, uscendo di scena. Da fuori quinta, due fari d’auto illuminano la scena di taglio.
Nicole rientra)
NICOLE: Per me c’è troppa luce.
STEFANO: Pietro non c’è ancora?
(Dalla grotta esce Pietro. Va in luce)
PIETRO: Sono qui.
STEFANO: Chi manca? – Ah quello nuovo – come si chiama?
(Da una zona d’ombra si fa avanti Alessandro)
ALESSANDRO: Alessandro – presente!
STEFANO: (con sarcasmo) Presente!
E perché non scatti sull’attenti?
Alessandro non ha realizzato il sarcasmo di Stefano.
Non sa se deve mettersi sull’attenti o no. Ma nessuno gli bada.
NICOLE: Ci siamo tutti.
ALESSANDRO: Io – cazzo – vorrei sapere.
STEFANO: Cominciamo col dire che non devi sapere niente
Devi solo eseguire quello che ti viene ordinato.
ALESSANDRO: Cazzo – non posso neanche dire che
STEFANO: No – abbiamo già detto tutto
Alex e Anna sono in strada – presto saranno qui.
Tu farai come faranno gli altri
Alex ci indicherà dove sono sepolte le armi
Quando alzo la pala è il segnale
Voi bloccherete Alex – al resto penso io.
(Silenzio. Alessandro non riesce a trattenersi).
ALESSANDRO: Si tratta insomma di eliminarlo.
Posso chiedere perché cazzo.
STEFANO: È un traditore.
ALESSANDRO: Brutto affare cazzo – però ho sentito dire
che è – che era un buon compagno.
STEFANO: Hai detto bene – era – poi è cambiato
Vuole denunciarci tutti
e noi l’anticipiamo.
Pausa. Musica.
NICOLE: Ieri mattina gli è arrivata la moglie
Incinta – ha fatto appena in tempo
a posare per terra le valigie
che subito ha scodellato un bambino.
STEFANO: Lo so – e allora?
NICOLE: Niente – dicevo così – Era molto contento
STEFANO: Affari suoi.
NICOLE: Volevo dire che – quando uno è felice
beh, un pochettino di psicologia – no?
uno che è contento di come gli vanno le cose
non denuncia – ecco – non vi pare?
ALESSANDRO: Io questo non lo so – non lo conosco
come cazzo faccio a sapere che tipo di felicità
(Si ferma, non sa andare avanti).
STEFANO: Se non lo sai sta’ zitto.
(A Nicole).
Non vedeva la moglie da tre anni
non capisco al sua felicità
La moglie viene in casa a fargli un figlio
e lui è felice?
ALESSANDRO: Questo non lo sapevo cazzo
Da tre anni non s’erano più visti?
E non si scrivevano nemmeno?
STEFANO: Che importanza ha se si scrivevano o no
Si fanno figli per corrispondenza?
ALESSANDRO: No cazzo che c’entra.
STEFANO: Detesto la gente che dice “che c’entra”
NICOLE: Puoi pensare quello che vuoi – di lui
Forse è coglione a essere felice
non cambia niente – è felice e basta.
STEFANO: Ti do zero in psicologia
Alex è felice?
È soddisfatto d’aver recuperato la moglie?
Benissimo – proprio per questo
vuole metterla al sicuro
vuole rifarsi una vita per sé
per la moglie e per il bastardo.
Se prima poteva avere dei dubbi – e non li aveva
ora ci denuncerà a cuor leggero.
PIETRO: Queste considerazioni puzzano d’Ottocento
STEFANO: Forse – Ma te l’ho detto che Alex
sembra uscito da un romanzo russo.
È un fanatico con complessi di colpa
Ho letto una sua poesia: sai come comincia?
“Ma odiarvi non posso perché m’avete deriso
miei simili – di allora folli complici
in cupio dissolvi e basse opere…”
Non è ottocentesco questo perdono?
E quel cupio dissolvi non sa di sacrestia?
Pausa. Musica.
NICOLE: Io penso che non sia giusto
condannarlo così – senza difesa
senza neanche sentire i suoi motivi.
STEFANO: Cosa dovremmo fare secondo te?
Istruirgli un processo e celebrarlo
qui – sul posto?
O magari rinchiuderlo a vita in una cella
come fa la giustizia borghese?
No. Nicole – non hai capito niente.
L’unica cella supersicura per questa feccia
è la cella frigorifera dell’obitorio.
NICOLE: Stai parlando di un compagno.
STEFANO: È un infame
Per colpire i traditori
e il progetto politico che li utilizza
non c’è che un modo.
NICOLE: Ma Alex sta venendo qui
per dirci dove ha sepolto le armi.
Segno – che vuole ancora collaborare con noi.
ALESSANDRO: Non ci avevo pensato.
STEFANO: Se non avesse accettato di venire
ci avrebbe insospettiti.
Per uno che ha deciso di tradire – quello che conta
è che nessuno abbia sospetti sulle sue intenzioni.
ALESSANDRO: Il ragionamento del compagno non fa una grinza.
NICOLE: Ma chi è questo che si volta sempre
dove tira il vento?
Che gente ci mandano tra i piedi?
ALESSANDRO: Che cazzo c’entra!
Io – sono nuovo – è vero
Per questo devo farmi un’opinione!
STEFANO: Si può sapere perché dici cazzo ogni parola?
Da dove vieni – dal circolo di fabbrica?
ALESSANDRO: Io – non me ne accorgo – senti.
STEFANO: Zitto!
NICOLE: S’è sempre dimostrato un buon compagno.
Anche se era educato come un signorino
il coraggio non gli è mai mancato.
Quella volta alla Banca Nazionale
se non era per il suo sangue freddo
non se n’usciva vivi – te lo giuro.
Io l’ho – l’ho visto in faccia mentre sparava:
neanche un muscolo muoveva – t’assicuro.
STEFANO: D’accordo: era un eroe
ma adesso vuole denunciarci.
ALESSANDRO: Ma perché ca – perché lo vuole fare?
STEFANO: Perché s’è venduto al capitale
Perché spera in un’amnistia
Perché l’attanaglia la paura
Perché pensa di cavarsela con l’articolo 4
Perché – non me ne frega niente del perché!
Vuole tradire – e basta!
PIETRO: Non ti viene il dubbio
che forse sono in ballo altri motivi?
STEFANO: Quali?
PIETRO: Alex è in crisi
da tempo ne sono a conoscenza.
STEFNO: A quel che so – è sempre stato in crisi.
PIETRO: Alex sarà un vigliacco.
NICOLE: Non è vero! – tu sai che stai mentendo!
PIETRO: Non s’abbandona la causa per tradirla:
dunque è un vigliacco.
Ma la sua crisi – Stefano – è la nostra
STEFANO: La nostra? La tua – forse – vuoi dire.
PIETRO: Avete creato un apparato militare
Avete abbattuto l’ideologia della grande speranza
Avete seminato mine vaganti
sulla gente comune e sulle masse.
STEFANO: È quello che tu stesso hai predicato:
“Dall’appropriazione alla militarizzazione
come Gesù Cristo sta al padre
e lo Spirito Santo a tutti e due”.
Sono parole tue.
PIETRO: Quest’uso dissennato delle armi
io mai e poi mai l’ho predicato!
STEFANO: Insomma – dove vuoi andare a parare?
PIETRO: Voi – vi siete staccati dalla classe proletaria.
STEFNO: È vero – Pietro: ci chiamiamo fuori
dalla cultura d’una classe
che legittima solo il lavoro e il salario!
PIETRO: Ma come l’avete sostituita quella cultura?
Con il sangue che scorre nel paese
con le gambe spezzate e con le bombe
con i processi senza difensori
con l’odio che il popolo ci vota!
NICOLE: Questa analisi certo non è nostra.
Noi – chiediamo solo partecipazione!
Vogliamo che qualcuno parli chiaro!
STEFANO: (a Pietro) E tu che cosa vuoi – cosa t’aspetti?
PIETRO: Io voglio – aspetto che riappaia il mito.
STEFANO: Dunque è questo: non perdi la speranza
che t’adotti la Grande Proletaria
La tua fede nella classe operaia
è commovente come un ex-voto
Ma ora basta: gli ordini sono chiari.
Tu sei stato chiamato ad eseguirli.
La direzione t’offre l’occasione
di calarti in un’azione di giustizia.
Lavoro rozzo – Pietro – manuale.
Non c’è più niente – ormai – da cesellare
PIETRO: Io
sono venuto qui per dissuadervi!
Ritengo che un’azione di vendetta
non si concilii con la mia dottrina!
STEFANO: Ma se è proprio sulla tua dottrina
che s’è fondato tutto il movimento!
Vuoi rinnegarti – forse?
Vuoi fare come Alex – il tuo ex-discepolo
il professore dalle grosse lenti?
Ricordi cosa hai scritto?
“Distruggi tutto ciò che ti distrugge!”
Ricordi il discorso del passamontagna?
Non hai detto che bisogna mettere al primo posto
del programma politico di base
l’appropriazione della ricchezza?
Non hai detto che il lavoro va abolito
- il lavoro impedisce la libertà -?
L’operaio della resistenza – dicevi –
moriva per difendere gli impianti
Il nuovo operaio odia gli impianti
Combatte col fucile sulla spalla
nella lotta per l’uomo – ad armi pari.
PIETRO: Per l’uomo – o contro l’uomo?
STEFANO: E la tua apologia dell’ignoranza?
Dell’incolto che spazza il potere del sapere
“Come una spada di Dio?”
Prima di tutto bisogna abbassare
il livello dell’istruzione e del talento:
“Non vogliamo intelligenze superiori
Si tagli la lingua a Cicerone
si cavino gli occhi a Galileo
Shakespeare sia messo al muro
sia soffocato il genio nella culla!”
Ti ho citato bene, Pietro?
PIETRO: È vero – io ho lottato per dare agli schiavi
quello per cui si batteranno: l’indispensabile!
Oggi la rivoluzione non può più iscrivere
“pane e pace” nelle sue bandiere
Deve iscrivere “gulasch e libertà”
Ricchezza e intelligenza
Libertà di non lavorare
Libertà di essere intelligenti
Ma voi – cosa avete fatto di tutto questo?
Un recinto d’illusi e di scontenti.
STEFANO: Noi – abbiamo costruito un nuovo soggetto sociale.
PIETRO: È sterile – isolato dal contesto.
ALESSANDRO: Che palle questi fiumi di parole!
Si può sapere che cazzo proponete?
STEFANO: Chiedilo al nostro ex-teorico.
PIETRO: Bisogna rifondare la guerriglia
su una nuova base ideologica
Dobbiamo ritornare nella fabbrica
ritrovare il filo della protesta operaia
Dobbiamo provocare nuovi scontri sociali
Solo allora potremo metterci alla guida
dell’insurrezione proletaria.
STEFANO: Tu – sei affetto da sindrome fiumana
Il tuo è volontarismo
è un ritorno a Georges Sorel
L’avventurismo è morto – Pietro
PIETRO: Ma non ti rendi conto
che il braccio armato – ormai
non è più che una variabile impazzita?
Io ho sempre privilegiato
il momento della lotta armata
ma la vostra linea di fuoco
- fin dal tempo dell’eliminazione
dello Statista Oscillante –
è profondamente errata – è una grave deviazione!
STEFANO: Da quando è morto il vostro movimento
tu hai smesso di cantare alto.
T’abbiamo accolto fra di noi e adesso
insegui ancora il treno della leadership.
PIETRO: Io non inseguo sogni di potere
ma la mia dottrina dell’eguaglianza totale
- siamo tutti schiavi del sistema
perciò tutti uguali nella schiavitù –
è stata messa a dura prova
proprio nel campo dell’Organizzazione.
Non è vero che siamo tutti uguali
Se su dieci
nove decretano per errore una condanna
anche il decimo è responsabile di questo errore
Sai cosa vuol dire essere in minoranza?
Aderire anche quando si è contrari
Dal giorno che sono entrato nella base
sempre sono stato posto in minoranza
Io – sono un militante della minoranza
un minoritario cronico – un minus habens
un minorato della volontà
STEFANO: Le tue frustrazioni intellettuali non ci riguardano
né le tue nostalgie di capo dei capi
di “nume ascoso” della lotta armata
Tu – sei assente dai campi di battaglia
sei l’ideologo a posteriori dell’epopea
sei una mosca che ronza intorno alla guerriglia
Il tuo concetto d’eguaglianza è stasi
Non possiamo distruggere il più elementare
meccanismo di base – solo per farti piacere
Noi – abbiamo fatto della disciplina
una categoria della prassi rivoluzionaria
L’eliminazione d’un infame delatore
è solo un atto d’ordinaria disciplina
PIETRO: Questa vostra disciplina
mi sembra più codice militare che giustizia.
STEFANO: Chiamala come vuoi
Nessuno può tirarsi indietro
nessuna diserzione può essere ammessa
Chi diserta è un venduto!
ALESSANDRO: Io – non mi sento un venduto dello Stato!
STEFANO: Si trova sempre un’imbecille
che all’ultimo momento scappa
e si giustifica dicendo:
“Me ne vado perché non sono d’accordo”
PIETRO: Io non credo che si possa giustificare
in nessun senso e in nessun modo
l’uccisione d’un compagno – d’un fratello
Hanno fatto di noi degli assassini
ma non vogliamo diventare fratricidi.
STEFANO: Sempre il bisogno di nomenclatura!
Perché tieni tanto a quel traditore?
Non t’ha abbandonato?
Non s’è staccato dalla nostra lotta?
PIETRO: Non mi importa nulla di Alex
Il mio dissenso è assai più vasto
Io – ho teorizzato la critica delle armi
ma ora l’ordigno ci scoppia nelle mani!
La vostra cecità ha aiutato il potere
a gettare in galera centinaia di compagni
Voi sparate ma non avete idea
d’un progetto praticabile dalle masse!
Che miseria di progetto e di pratica di massa!
Tu dici morto il Movimento e sai che non è vero.
STEFANO: Ma non t’accorgi ormai d’essere solo?
Nessuno sa più scender nelle piazze
a guidare il corteo degli scoppiati
Nessuno porta al diapason la protesta
È ritornato il vecchio pacifismo
e la sinistra è rotta negli intrighi.
PIETRO: E voi sparate con la benda agli occhi.
STEFANO: Noi combattiamo.
PIETRO: Qual è l’obiettivo della guerra?
Cos’altro ne traete se non sangue?
STEFANO: Gli imperi sono stati costruiti col sangue
e col sangue sono stati smantellati.
La nostra lotta ci sarà riconosciuta.
PIETRO: Un riconoscimento politico – dunque
La banda armata si metterà in lista alle elezioni?
STEFANO: Non li leggi i giornali dello stato?
Pietro: noi siamo già riconosciuti
Il nostro movimento è definito
un problema che fa vacillare le istituzioni
Si parla già di patti col nemico – cioè con noi
di patti garantismi ed amnistie
PIETRO: Queste sono le astuzie del sistema
Noi – che tu dici morti
sappiamo farla la nostra autocritica
L’azione partigiana sta crescendo
sul fronte d’una nuova autonomia!
Noi – non ci presenteremo all’appuntamento
senza idee – senza programmi – senza testa!
Noi – abbandoniamo le esperienze militari
per ripassare dalla porta dell’azione di massa
La vittoria proletaria sarà anche la vostra liberazione!
STEFANO: Ma di quale azione vai farneticando?
Noi siamo la sola organizzazione!
Nostre sono le azioni – e le battaglie!
PIETRO: Voi lavorate solo sul Palazzo
e trascurate i bisogni collettivi!
Pensate più a sfruttare
le incrinature politiche del sistema
che a creare vere tensioni sociali!
Stefano: la crisi della vostra linea
è irreversibile!
Non stargli dietro
e tu – Nicole: apri gli occhi, se puoi
Siete – siamo soltanto dei braccati.
STEFANO: Noi – disponiamo d’un potenziale
praticamente inesauribile.
PIETRO: Parli degli infiltrati nelle scuole
nelle fabbriche – nei sindacati
nei ministeri – negli ospedali?
STEFANO: No – Pietro: parlo della base sommersa.
Del maestro che insegna al bambino la disubbidienza civile
dello studente che rifiuta l’insegnamento classista
dell’avvocato che non crede nella giustizia corrotta
del giudice che teme di non essere troppo progressivo
dell’utente che non sopporta le pastoie burocratiche
della massaia che protesta contro il carovita
della casalinga che si ribella al doppio sfruttamento
del diverso colpito dal sistema
del prete che dal pulpito invoca il popolo di Dio
del carcerato che s’incancrenisce nella violenza
del mafioso che si fa giustizia con le sue mani
del disoccupato che fa la fila al collocamento
del giovane incazzato che cova il fallimento.
Quando solleveremo il coperchio
di questo brulicante serbatoio.
PIETRO: Quando?
ALESSANDRO: Sì – quando?
STEFANO: Noi non abbiamo fretta
Se siamo in carcere – pensiamo alla liberazione
Se siamo fuori – pensiamo al giorno
che si darà il via alla leggenda
E allora verranno – verranno anche gli operai
frenati dai bonzi sindacali
Verranno tutti – allora –
si butteranno nella grande mischia
e ci saranno grati per l’onore d’averli accolti
verranno tutti – allora
e crollerà il baraccone del potere!
PIETRO: Povere talpe del partito armato
a furia di scavare vi ritroverete un giorno
non sulle spiagge della rivoluzione
ma, nel cortile del carcere di stato.
STEFANO: Sai – Pietro?
Mi sta venendo in mente che presto
mi diranno di te: - L’hanno ammazzato –
PIETRO: Non ho paura delle tue minacce
(Pausa). Io non scappo Stefano: me ne vado
Nessuno vuol seguirmi?
(Nessuno si muove)
Bene – State tranquilli: non vi tradirò
Avrò troppo da fare per ricucire il tessuto della mia dottrina lacerata
(Si muove per andare via. Stefano estrae la pistola)
STEFANO: Pietro!
(Pietro si volta, vede la pistola)
PIETRO: Sparami pure addosso – se vuoi
Non ti servirà a niente
T’ho detto che non sono un delatore
Se m’uccidi fa lo stesso – morto o vivo che sia
arriverete anche voi alle mie stesse conclusioni
prima o poi
Comunque – stavolta sono davvero
una minoranza uscente.
Esce Stefano abbassa la pistola.
Fortissimo della musica. Poi un suono di clacson sovrasta la musica che è diminuita di livello.
Nicole esce: suona il clacson a sua volta, fuori scena.
Rientra.
Stefano fa un cenno a Nicole e a Alessandro, che si nascondono.
Dalla parte opposta della scena due fari d’auto si aggiungono a quelli già appaiati.
Rumore di portiera chiusa.
Entrano Alex e Anna. Stefano va incontro a Alex. Gli tende la mano, ma Alex non la prende.
Alex comincia a misurare il terreno, alcuni passi davanti alla grotta. Si ferma.
ALEX: Il posto è qui – le pale non le avete?
Sbrighiamoci – devo andare via.
(Stefano fa cenno a Anna di prendere le pale)
STEFANO: So che t’è nato un figlio.
ALEX: È una bambina.
STEFANO: Tutto bene?
ALEX: Benissimo – pesa quattro chili.
STEFANO: Scommetto che ti somiglia.
ALEX: Il tuo sarcasmo è fuori posto
in un momento come questo.
STEFANO: Cos’ha di particolare questo momento?
ALEX: Niente.
(Anna torna con due pale. Ne dà una a Stefano)
STEFANO: Cosa volevi dire?
ALEX: Che se ti fossi sforzato di capire
mi avresti meravigliato.
Ma vedo che non sei cambiato.
STEFANO: Hai ragione – io non sono cambiato
E tu?
ALEX: Io sì – Ma non sono venuto qui
per parlarvi di me e dei miei progetti.
STEFANO: Peccato – giurerei che sono molto interessanti.
ALEX: Avanti – cominciamo?
Alex prende la pala dalle mani di Anna. Stefano lo guarda, poi alza la pala. È il segnale. Dall’ombra escono Nicole e Alessandro che si gettano su Alex e lo immobilizzano, rovesciandolo a terra. Interviene anche Anna, che tappa la bocca a Alex.
Stefano estrae la pistola, l’avvicina alle tempie di Alex, spara a bruciapelo. Un colpo sordo. Alex cade riverso, fulminato.
Tutti restano inebetiti a guardare il cadavere.
Stefano è il primo a riprendersi. Fruga nelle tasche di Alex, ne estrae oggetti vari e fogli di carta che scorre con lo sguardo e ripone in tasca.
ALESSANDRO: Hai trovato qualcosa?
STEFANO: Cosa avrei dovuto trovare?
ALESSANDRO: Non so – le prove che – effettivamente
voleva denunciarci.
STEFANO: Ci sono già le prove – non c’è bisogno di cercarle
Avanti – prendiamolo e portiamolo al lago
ALESSANDRO: E poi che ne facciamo?
STEFANO: Gli facciamo fare il morto – Cretino
gli mettiamo una pietra al collo
per star sicuri che non torni a galla.
(Estrae una corda)
Andiamo.
Alessandro, Stefano e Anna prendono il corpo di Alex.
Nicole non si muove.
ANNA: Cosa fai lì impalata? – Vieni ad aiutarci.
Nicole non risponde. Guarda nel vuoto.
STEFANO: Di’ un po’ – cosa ti prende?
NICOLE: Non ci siamo.
STEFANO: Cosa?
NICOLE: Non ci siamo – non ci siamo – ca ne va pas
ALESSANDRO: Che cazzo sta biascicando?
NICOLE: Era mio amico – lo conoscevo bene
l’ho visto – era tranquillo
sono sicura che non ci avrebbe mai denunciati.
Tutti la guardano, stupiti. D’improvviso Nicole comincia a urlare, ma più che un urlo è uno strano mugolio subumano.
Stefano lascia gli altri, gli si avvicina, cerca di scuoterla, ma Nicole gli si avventa contro, sempre urlando in quel modo agghiacciante.
STEFANO: Ma cosa urli – sei diventata matta?
NICOLE: L’abbiamo scannato come un porco!
Gli abbiamo ficcato un coltello nella pancia
e l’abbiamo squarciato!
E ora che ne faremo?
Salsicce? Salsicce di terrorista a tanto il chilo?
Chi vuole salsicce di terrorista?
Stefano schiaffeggia Nicole con violenza.
Nicole tace di colpo. Riassume un atteggiamento stralunato.
STEFANO: Anna, rimani con lei – Non farla muovere
Tieni
(Le dà la pistola. Alessandro e Stefano riprendono il corpo di Alex, lo portano via)
ANNA: Nicole – come ti senti?
NICOLE: Non ci siamo – non ci siamo.
ANNA: Cosa vuoi dire?
NICLEO: Non è così.
ANNA: Io ti capisco – Fa impressione
vedere un nostro compagno che improvvisamente
ti diventa un altro
una marionetta che ha gli occhi sbarrati
e non ti vede
e non parla
e non respira
NICOLE: Sì – una marionetta
e siamo stati noi a spezzare il filo
povero Alex – se non avesse incontrato
quel salumaio
ANNA: Cosa stai dicendo?
NICOLE: Stefano – non fabbrica salsicce?
ANNA: Smettila, Nicole – Stefano ha eseguito un ordine
e anche noi.
NICOLE: Sì sì – un ordine – l’ordine di darlo in pasto
ai pesci – di farlo spolpare
ANNA: Non ci pensare.
NICOLE: Non posso – Alex era il migliore di noi.
Era generoso – s’è ripreso la moglie – incinta di chissà chi
ANNA: Non fare la sentimentale
NICOLE: È vero – niente sentimento
noi dobbiamo solo sparare
ANNA: Anche per me è stata dura
Lui di me si fidava – non ha sospettato
neanche per un momento
In macchina mi parlava di sé.
Mi diceva che l’avrebbero reintegrato all’Università
gli avrebbero dato un nuovo incarico.
NICOLE: Noi gliene abbiamo dato una migliore
L’abbiamo nominato Dirigente di Stagno
prima categoria
ANNA: Piantala – ti dico
Era necessario!
NICOLE: Era necessario?
ANNA: Sì che lo era – altrimenti
non l’avremmo fatto.
NICOLE: Cosa abbiamo fatto?
ANNA: Dobbiamo pensare a noi – noi siamo in guerra
NICOLE: Siamo in guerra con noi stessi
ANNA: Sai bene che non è così – noi ci battiamo per un’idea
NICOLE: Quale idea?
ANNA: Vuoi dire che hai cambiato…
NICOLE: No – io non cambio idea - non ne ho
ANNA: Tu – sei molto scossa
NICOLE: Sì ma c’è chi sta peggio di me
e niente lo smuove ormai
(Comincia a piangere)
ANNA: Ti prego, Nicole – non fare così
Io – ho i nervi a pezzi! Non ce la faccio
Non posso sentirti!
(Rientrano Alessandro e Stefano)
STEFANO: Non c’è che dire – ci siete state di grande aiuto.
ANNA: Non vedi che sta male?
STEFANO: Lo vedo – E con questo?
Credi che io stia bene?
NICOLE: Tu – non so come sei fatto - tu
ALESSANDRO: Io non conoscevo Alex ma – effettivamente
(Si ferma. Non sa come andare avanti)
STEFANO: Chiudiamo questa storia
Abbiamo fatto quello che andava fatto
Abbiamo allontanato un pericolo
ma ci aspettano chissà quanti altri Alex
Nicole – io sono pronto a dimenticare
tutto quello che è successo stasera
e domani anche tu starai meglio.
Ora ci separiamo
Voi restate in attesa di nuove disposizioni
Vi sarà detto dove ricostituiremo la colonna
Io – ho da portare a termine un altro incarico
Alessandro verrà con me
ALESSANDRO: Io?
STEFANO: Così è stato stabilito dalla Direzione.
(A Nicole e ad Anna)
Voi disseppellite le armi – ci serviranno
NICOLE: Non ci siamo ragazzi – non ci siamo
Le pareti si chiudono, a formare un muro bianco sporco, sul davanti, due lampioni riverberano una luce fioca.
Al centro del muro, una porta.
Musica fortissima.
Bucate dalla luce di fondo, le pareti mostrano in trasparenza Anna e Nicole che scavano, aritmicamente.
In primo piano, davanti al muro, Alessandro e Stefano.
ALESSANDRO: Ci denuncerà
STEFANO: No – tornerà in sé – capirà che non gli conviene.
ALESSANDRO: E quell’altro – il teorico del cazzo?
STEFANO: Su lui si può contare.
ALESSANDRO: Perché?
STEFANO: Ci vediamo domani sera.
(Fa per uscire a destra. Alessandro l’insegue con la domanda)
ALESSANDRO: Perché?
STEFANO: Non lo so – in ogni caso
è ancora presto per sotterrarlo.
(Esce. La luce diminuisce sulle sagome di Anna e di Nicole che scavano, lentissime. Alessandro esce a sinistra. Buio)


SECONDO GIORNO

Ambiente Dimitri.
Dimitri, che è il Pietro del primo giorno, ha riassunto quei panni vagamente ottocenteschi. Ha la barba incolta, gli occhi affossati, l’espressione ancora più stralunata.
Al centro della scena, sta suonando il violino. Stavolta, però, non è più il dolce Ciaikovskij del prologo: trae dallo strumento suoni stridenti, a volte acuti come sibili di polizia, a volte dissonanze e violente steccate. La musica di fondo, d’altra parte, è adeguata: accompagnamento concreto, alternato a vocalizzi atonali. Alla base, minacciose e sempre presente, il rullio delle percussioni.
Entrano Stefano e Alessandro. Anche loro hanno indosso maxicappotti o altri elementi più atemporali, forse con riferimento all’Ottocento, anche se, stavolta, l’azione è calata nei nostri giorni. Quando Stefano e Alessandro entrano, Dimitri interrompe per un attimo di suonare poi riprende, alternando alcune battute con l’azione del violino.

DIMITRI: Ce l’avete fatta – v’aspettavo
STEFANO: Non hai intenzione di tirarti indietro
Vero?
(Dimitri non risponde. Suona, steccando. Stefano e Alessandro si scambiano una rapida occhiata)
ALESSANDRO: Siamo un po’ in ritardo
DIMITRI: Tre ore.
STEFANO: Di cosa ti lamenti? – Tre ore regalate
DIMITRI: Non voglio nessun regalo
da imbecilli fottuti come voi
STEFANO: Vacci piano – non è il caso
di buttarsi a provocare – proprio ora
DIMITRI: Proprio ora che vi bruciano i piedi – eh?
STEFANO: Vedo che sei informato
DIMITRI: Nessuno m’ha informato
ALESSANDRO: E allora come fai a sapere?
DIMITRI: Basta guardarvi in faccia
Ma non preoccupatevi: so quel che devo fare
STEFANO: Meglio così
Non siamo qui per giocare al gatto e al topo
DIMITRI: Lascia stare le favole cretine
Tu non sei un gatto – e io non sono un topo
STEFANO: Già – tu dici
d’essere l’ultimo dei pensatori
DIMITRI: Se provi ancora a far dell’ironia
ti caccio insieme al tuo scagnozzo
STEFANO: D’accordo, d’accordo – tentavo solo
di sdrammatizzare la situazione
DIMITRI: La situazione non ha niente di drammatico
ALESSANDRO: Vuoi dire che ancora non hai deciso?
DIMITRI: Cosa te lo fa pensare – se davvero puoi pensare?
STEFANO: Alessandro stai zitto per favore
ALESSANDRO: Sì – ma questo qui m’insulta a gratis
DIMITRI: Veniamo al dunque – su, facciamo presto
STEFANO: Ecco – ora cominciamo a ragionare
DIMITRI: Cosa devo scrivere?
STEFANO: Non precipitare – hai un po’ di tè – prima?
(Senza rispondere, Dimitri va al fornello a gas, ne prende una teiera e due bicchieri, porta tutto sul tavolo, senza parlare. Stefano versa il tè. Beve)
STEFANO: È freddo.
ALESSANDRO: E non c’è lo zucchero
DIMITRI: Non siete al Grand Hotel
STEFANO: Sei di buon umore malgrado tutto
Tu non ne prendi?
DIMITRI: No
STEFANO: Hai già rinunciato ai beni terreni?
DIMITRI: Risparmiami il tuo spirito da commesso viaggiatore
Allora?
STEFANO: Sei pronto?
DIMITRI: Cosa devo scrivere?
STEFANO: Tutto – l’Organizzazione ha deciso
che devi addossarti ogni cosa
DIMITRI: Cerca di essere più preciso
Cosa devo scrivere?
STEFANO: Una confessione in piena regola:
sei il responsabile della colonna
hai ideato gli espropri proletari
hai giustiziato il Giornalista
e il Preside
hai scritto l’ultimo comunicato di rivendicazione
Scriverai anche che sei rimasto solo
Gli altri sono tutti morti – o in carcere
DIMITRI: Va bene
(Pausa)
È tutto?
STEFANO: Sì – no
C’è anche quell’infame delatore
DIMITRI: Chi è?
STEFANO: Alex
DIMITRI: Alex? Non so niente di Alex
ALESSANDRO: Non fare lo gnorri – Dimitri!
STEFANO: Vuoi tener la bocca chiusa o no?
(a Dimitri) Lo conoscevi – Alex?
DIMITRI: Lo conoscevi?
STEFANO: Voleva denunciarci
DIMITRI: Cosa vuol dire lo conoscevi?
STEFANO: Che l’abbiamo bruciato sul tempo
con questa
(Estrae la pistola, la posa sul tavolo.)
DIMITRI: L’hai ammazzato?
STEFANO: Che ci trovi di strano?
L’abbiamo scoperto – era un traditore
che dovevamo fare – mandarlo alle Bahamas
a spese dell’Organizzazione?
DIMITRI: Tu l’hai tolto di mezzo
Ce l’avevi con lui perché in passato
t’aveva fottuto la Carla
STEFANO: La nostra giustizia
non si nasconde sotto le lenzuola
Comunque
Non c’è stato niente di personale
d’altra parte – chi può tradire un amico
può anche tradire i suoi compagni
e lui lo stava per fare
DIMITRI: No!
STEFANO: No cosa?
DIMITRI: Non scriverò niente di Alex!
STEFANO: Perché?
DIMITRI: Perché io non sono stato avvertito
e perché tu sei una jena!
(Estrae di tasca una pistola e la punta su Stefano, ma Stefano è svelto a prendere la sua dal tavolo e a puntarla a sua volta su Dimitri. Ora sono tutti e due in piedi, a qualche passo l’uno dall’altro, le pistole puntate)
DIMITRI: Avanti – spara se ne hai il coraggio!
STEFANO: Non è così che ci servi – Dimitri
ALESSANDRO: Compagni
DIMITRI: Io non sono più vostro compagno
Capite? – non sono più niente!
(Dimitri abbassa la pistola, lentamente, poi se la rimette in tasca. Stefano depone la sua, poi si versa ancora del tè e beve)
STEFANO: Lo sai che potevo sparare?
DIMITRI: Anch’io
ALESSANDRO: E che cazzo – vediamola con calma!
DIMITRI: Non scriverò di Alex
anzi – non scriverò più niente
(Dimitri passeggia in lungo e in largo, nervosamente. Alessandro guarda Stefano)
ALESSANDRO: Che ti dicevo
(Stefano non gli bada. Si rivolge a Dimitri)
STEFANO: Io – ti scaricherei volentieri la pistola in corpo
ma abbiamo bisogno della tua confessione scritta
Il cerchio si stringe e poi c’è chi parla
Ne va della vita di tanti compagni
dei tuoi ex-compagni – Dimitri
DIMITRI: Suona pure il violino solidale
ora
STEFANO: Tu sei stato un combattente leale
te ne sei sempre fregato del pericolo
Poi hai voluto mollare tutto
Nessuno t’ha torto un capello
perché hai detto che volevi restare dei nostri
DIMITRI: Abbiamo fatto un patto
STEFANO: Fai bene a ricordartene
Ci hai detto che ti saresti addossato tutto
per dare un po’ di respiro ai compagni in difficoltà
e poi ti saresti suicidato
Spettava a noi decidere quando – non è così?
DIMITRI: Non farmi domande idiote!
Vuoi che non lo sappia?
Sono mesi che penso al momento – mesi
che non dormo – che non mangio – solo un po’ di tè!
Sono mesi che v’aspetto e oggi
quando m’avete comunicate che sareste venuti
ero pronto!
STEFANO: Hai chiesto soldi per tirare avanti
Te l’abbiamo dati – l’abbiamo tolti
a imprese molto più importanti
della tua sopravvivenza.
Noi ti abbiamo creduto Dimitri
e ora che la colonna è smembrata
e che siamo braccati come lepri…
DIMITRI: Quando t’azzardi in paragoni sei banale
tu sei solo un burocrate del mitra
STEFANO: … fai marcia indietro?
DIMITRI: Via di qui!
(Stefano riprende la pistola)
STEFANO: Non possiamo correre il rischio
che tu vada a denunciarci – come Alex
Non ce n’andiamo – se non fai il tuo dovere
DIMITRI: Ti preme tanto – vedere il mio sangue?
(Stefano posa la pistola)
STEFANO: Sai bene che non è questo
Io penso soltanto alla nostra lotta
DIMITRI: Ma quale lotta? – Siete degli illusi
finiti – quattro lupi che non sanno più
neanche dove mordere
STEFANO: Ascoltami Dimitri
Voglio essere sincero con te
Questa tua idea di volerti ammazzare
nessuno di noi l’ha mai capita
Ti abbiamo mantenuto perché abbiamo pensato
che la tua decisione
quali che fossero i motivi che c’erano dietro
ci potesse essere utile prima o poi
Ora è il momento di stare ai patti
È vero: siamo in grande difficoltà
I nostri migliori sono tutti dentro
Ma credi che ci fermeremo per questo?
All’interno d’ogni fetente carcere di stato
c’è gente che sta facendo un lavoro enorme!
È lì che sta nascendo la nuova spinta!
DIMITRI: Ma voi volete star fuori eh?
STEFANO: Noi abbiamo il dovere di tenere in vita
le colonne d’azione rivoluzionaria
ALESSANDRO: Tu - hai dato la tua parola
Dimitri non li ascolta più. Passeggia per la stanza, allucinato.
ALESSANDRO: (a mezza bocca, a Stefano) Non lo farà!
DIMITRI: Mi dispiace per Alex – era un ragazzo coraggioso
STEFANO: Credi che a me non sia dispiaciuto…
DIMITRI: Zitto vigliacco – io t’ammazzo!
(Stefano fa un passo indietro, scosso dalla furia dell’altro)
STEFANO: Va bene – hai ragione – non mi dispiace
Anzi, sono contento d’averlo fatto
Ho dovuto dare un esempio agli altri
a quelli che tentennano
ai figli di borghesi che hanno preso
la nostra strada per gioco – per hobby
per noia – per gusto – per divertimento
per stanchezza – perché non ne potevano più
di bucarsi e hanno pensato che era meglio
bucare gli altri
a quelli pieni di rimorsi – di lotte religiose
ai mistici nichilisti da Russia degli zar…
DIMITRI: Porco!
Alludi a me ma io non ho paura
Ho deciso d’ammazzarmi e lo farò
(Stefano e Alessandro si guardano)
STEFANO: Quando lo farai?
DIMITRI: Ora
STEFANO: E scriverai?
DIMITRI: Scriverò
STEFANO: Anche di Alex?
DIMITRI: Anche di Alex
ALESSANDRO: Bravo! Scriverai che l’hai fatto
perché ti sei pentito – ma pentito sul serio
non come quelli che si pentono per salvarsi la pelle
Tu sei un pentito vero – che paga di persona!
DIMITRI: Merda! – lo so io perché m’ammazzo!
ALESSANDRO: Perché lo fai?
DIMITRI: Dubito che potreste capirlo voi due
STEFANO: I tuoi motivi non m’interessano
So solo che stiamo perdendo tempo
DIMITRI: Che ore sono?
STEFANO: Le due – fra poco dobbiamo filare
DIMITRI: Non ho molto da dirvi
ALESSANDRO: Dicci quel poco che vuoi
STEFANO: Se può aiutarti – parla
DIMITRI: Vi dico che non potete capirmi
STEFANO: Ci sforzeremo
Mi ricordo che una volta me l’hai spiegato
in qualche modo c’entrava Dio
(Pausa)
se ti uccidi – mi pare – diventi dio
È così?
DIMITRI: Sì – divento dio
(Pausa)
Tu sei uno sporco figlio di puttana!
Fingi d’interessarti a me
alla mia filosofia perché speri
che parlando io mi esalti e vuoti l’ultimo sacco!
STEFANO: Io gioco a carte scoperte – È vero
Allora?
DIMITRI: Sei un vigliacco!
STEFANO: Ma sì – fai come vuoi
Tanto lo sai – non sono che parole
DIMITRI: Per tutta la vita
ho voluto che non fossero parole
Anche ora – ogni giorno – ogni momento
voglio che non siano solo parole
(Pausa)
Dio è una parola per te?
STEFANO: Sì Dimitri – Dio è solo una parola
DIMITRI: Dio è indispensabile – per questo deve esistere
STEFANO: Se ci credi tu
DIMITRI: No! Io non ci credo – io so che non esiste
non può esistere
STEFANO: Anche questo è vero
DIMITRI: Non capisci che un uomo che ha idee
come queste non può restare in vita?
STEFANO: E deve uccidersi per così poco?
DIMITRI: Così poco! Non può esserci un uomo
un solo uomo – che non sopporti quest’idea
e perciò si decida a fare il passo?
STEFANO: Per suicidarsi bisogna amarsi molto
Un vero rivoluzionario non può amarsi
DIMITRI: Questo è Camus – roba esistenzialista!
Decisamente hai gusti un po’ retrò
STEFANO: Non ho tempo per discutere
e tu – mi sembra – stai solo esitando
(Dimitri, esaltato, riprende a passeggiare.
Alessandro si avvicina a Stefano)
ALESSANDRO: Che pensi?
STEFANO: Non si ammazzerà – gioca coi concetti
È soltanto un cavillo cerebrale
(Dimitri si volta, di scatto)
DIMITRI: Ho sentito, sai? Non è un cavillo cerebrale!
Se credo non credo di credere
se invece non credo – non credo di non credere
STEFANO: E non ti pare un sofisma – questo?
ALESSANDRO: Io non ci capisco niente
Una volta gli anarchici sparavano
Ora sono tutti sociologi
DIMITRI: Né sofisma né cavillo – è il mio problema!
STEFANO: Io credo solo a uno più uno
Vuoi ammazzarti? Se t’ammazzi ci credo
Se non t’ammazzi non ci credo
Uno più uno – due
DIMITRI: Siete le ultime persone
con cui parlo prima di togliermi la vita
non posso separarmi da voi
senza che abbiate capito
(Stefano e Alessandro si scambiano un’occhiata)
ALESSANDRO: Io non chiedo di meglio che capire
STEFANO: Non ho niente contro di te come uomo
anzi – ho sempre cercato di difenderti
DIMITRI: Stai mentendo ancora una volta
STEFANO: Come vuoi tu – ricominciamo
dunque vuoi ucciderti
DIMITRI: Mi sono sempre meravigliato
che gli altri continuino a vivere
STEFANO: Questo lo penso anch’io
Noi vorremmo che la gente disertasse
da questo tipo di vita – dalle catene
dallo sfruttamento – dalla miseria
dall’emarginazione
DIMITRI: Io non parlo per slogan – Stefano
Cerca di penetrare ciò che dico
(Pausa)
Se Dio non c’è – io sono Dio
STEFANO: Perché dici di essere Dio?
DIMITRI: Se Dio c’è
la ragione è tutta dalla sua parte
La volontà – ogni volontà – è sua
Se lui non c’è – tutta la volontà e mia
Il libero arbitrio è mio
STEFANO: Cosa intendi per libero arbitrio?
DIMITRI: La volontà – Se Dio non c’è
io posso fare tutto ciò che voglio
e se posso fare tutto ciò che voglio
sono un dio!
STEFANO: Se sei un dio perché ti vuoi ammazzare?
Gli dei non si ammazzano
DIMITRI: Ma gli uomini sì
E io sono un uomo – un uomo che ha scoperto
che può fare tutto quello che vuole!
Io – posso arrivare fino al punto estremo
della mia volontà – è in questo che sono Dio
ed è per questo che mi ammazzo!
ALESSANDRO: E allora fallo senza complimenti!
STEFANO: Un momento
tu non sei il solo uomo che si ammazza
Ce ne sono tanti di suicidi
e un suicida non è necessariamente Dio
DIMITRI: I suicidi hanno un motivo
ma quanti si uccidono senza nessun motivo
solo per affermare il libero arbitrio?
ALESSANDRO: Questo non s’ammazza – Stefano!
DIMITRI: Nessuno! Io! Io solo!
STEFANO: Se ho ben capito tu ti vuoi ammazzare
solo per dimostrare la tua volontà estrema
per essere simile a chi ha la volontà estrema
cioè a Dio?
DIMITRI: L’hai capito! Se anche uno come te
è capace di capire la mia idea
vuol dire che è giusta! È giusta!
STEFANO: Però – per questo stesso motivo
potresti ammazzare anche un altro
non solo te stesso – potresti renderti più utile
Per dimostrare la tua estrema volontà
potresti uccidere il nostro primo nemico
ALESSANDRO: Il capintesta della repressione – il generalone!
STEFANO: E dopo questa splendida dimostrazione
potresti ucciderti – sempre perché sei Dio
DIMITRI: Non avete capito niente
Ammazzare un altro
è proprio il punto più basso della mia volontà
Per questo sono uscito dall’Organizzazione
Per i delitti bastate voi
- come dice questo Alessandro qui? –
voi assassini truccati da sociologi
Ammazzatevelo voi il generalone – se vi riesce
Io voglio il punto più alto del mio libero arbitrio!
Ucciderò me stesso!
ALESSANDRO: Io non ho niente in contrario
STEFANO: Io – rispetto la tua decisione
DIMITRI: Per me non c’è idea più alta dell’idea
che Dio non esiste!
La storia umana è dalla mia parte
L’uomo non ha fatto che inventare Dio
per poter vivere senza ammazzarsi
Io solo – in tutta la storia universale
per la prima volta – ho voluto rifiutarmi
d’inventare Dio!
Che si sappia – una volta per sempre!
ALESSANDRO: E chi lo deve sapere? Siamo soltanto noi, qui
DIMITRI: Tutti lo devono sapere – tutti!
STEFANO: Tu sei un credente – Dimitri!
Un bastardo credente come i nostri compagni
che ammazzano in nome dei nostri ideali
e poi li tradiscono perché non riescono
a eliminare l’idea di Dio
del Dio che punisce e che riscatta
che assolve e che perdona
DIMITRI: Non è vero! Io sono ateo!
Ma non capisco come gli atei fino ad oggi
abbiano potuto sapere che Dio non c’è
e al tempo stesso non riconoscere
d’essere diventati dio loro stessi!
ALESSANDRO: Mi fa male la testa porcodio
DIMITRI: Non l’hanno scoperto – se no si sarebbero uccisi
per dimostrare il punto supremo della loro volontà
STEFANO: Dev’essere così – Tu invece l’hai scoperto
DIMITRI: Io so che l’attributo della mia essenza divina
è il libero arbitrio! Ma per affermarlo
fino in fondo – devo ammazzarmi!
Io mi ammazzo per mostrare il mio coraggio
di proclamare che Dio non c’è!
Per mostrare la mia ribellione
e la mia nuova, paurosa libertà!
(Dimitri, al diapason dell’eccitazione, tace di colpo.
Con un rapido scarto, diventa calmissimo)
Dammi la penna – Stefano!
(Alessandro e Stefano si scontrano, nel porgere in fretta la penna a Dimitri)
ALESSANDRO: Detta – Stefano!
DIMITRI: Detta – firmerò tutto
STEFANO: Scrivi: “Io Dimitri Spandau dichiaro…”
(Dimitri si è fermato).
ALESSANDRO: Lo sapevo che c’era il trucco – ora si ferma.
DIMITRI: A chi lo dichiaro? Voglio sapere a chi!
STEFANO: A chi ti pare – alle autorità…
DIMITRI: Me le mette nel culo le autorità!
Io non credo a Dio – figuriamoci
se credo alle autorità!
STEFANO: Dichiaro al primo che legge – allora
DIMITRI: Al primo che legge?
STEFANO: Cioè al mondo intero
DIMITRI: Al mondo intero – questo mi piace
STEFANO: Vuoi continuare a scrivere?
DIMITRI: Sì ma qui in testa ci voglio un bel disegno
con uno che tira fuori la lingua
ALESSANDRO: Beh, faccelo
DIMITRI: Non so disegnare
STEFANO: Ma che disegno! Glielo esprimi scrivendo
il tuo disprezzo!
DIMITRI: È vero – Detta!
ALESSANDRO: Finalmente
STEFANO: (detta) “Oggi 31 gennaio 1981
io sottoscritto Dimitri Spandau…”
DIMITRI: Prima non me l’avevi dettata – la data
STEFANO: Fa niente – scrivi - storicizza
DIMITRI: Continua!
STEFANO: … “nel pieno possesso delle mie facoltà mentali dichiaro che la Colonna di Azione Rivoluzionaria da me diretta è stata annientata dalle forze della repressione negli ultimi scontri a fuoco. Io solo superstite, sono perciò l’unico e diretto responsabile di tutte le azioni di guerra compiute in questi ultimi mesi, comprese le esecuzioni del Giornalista di Regime, del Presidente della Facoltà di Legge e del delatore Alex, il cui corpo si trova nel Lago della Contessa. Mi uccido con un colpo di pistola non perché mi penta o abbia paura della vostra giustizia di merda, ma perché da tempo lo avevo deciso”.
Ora firma.
DIMITRI: No. Non m’hai dettato le vere motivazioni.
ALESSANDRO: Lo sapevo, io
STEFANO: Non le capirebbero, Dimitri
Ci penseremo noi a propagare il tuo verbo
Vero – Alessandro?
ALESSANDRO: Come no! – Lo diremo a tutti – di te e di Dio!
DIMITRI: Siete due carogne.
STEFANO: Perché?
DIMITRI: Volete prendermi in giro.
ALESSANDRO: Ma no – che cazzo c’entra – diglielo tu, Stefano!
STEFANO: Firma
il tuo messaggio – deve suonare ambiguo
enigmatico – perché ci credano
Non sei tenuto a dar molte spiegazioni
Se ti metti a parlare di Dio e del libero arbitrio
te l’immagini come ci inzupperanno il pane
la Chiesa e il Papa?
Diranno che ti sei convertito in extremis
diranno che hai voluto salvarti l’anima
DIMITRI: Sono capaci d’inventare un sacco di bugie
e di crederci: lo so
Ma voi non pensiate di prendermi per il culo
Non che la cosa m’interessi molto
Ormai sono stanco – ho voglia di farla finita
STEFANO: Anche noi siamo stanchi – e il tempo passa
Io – voglio essere sincero una volta di più:
il tuo messaggio ci serve
serve a noi che restiamo nella guerra
Firma!
DIMITRI: No!
ALESSANDRO: Ma perché?
DIMITRI: Ci manca il disprezzo
Una frase da cui risulta chiaramente
quanto li disprezzo
STEFANO: Scrivilo, allora: “Vi disprezzo” – E poi la firma
ALESSANDRO: Chiaro - conciso
STEFANO: Firmi o no? – che aspetti?
DIMITRI: Siete due sciacalli
ALESSANDRO: Te lo dicevo – io – che non
STEFANO: Se dici ancora una volta che non s’ammazza
t’ammazzo io!
Dimitri – perché ci chiami sciacalli?
Sai bene che siamo qui in missione
DIMITRI: Ci vuole una frase
STEFANO: Ma l’hai già detto – che li disprezzi!
Non hai paura della loro giustizia di merda
e non ti penti – più disprezzo di così?
Va bene, aggiungi un riferimento alla tua teoria
del libero arbitrio – scrivi: “Viva la libertà!”
DIMITRI: Non basta – Scirvo:
“viva la mia libertà
abbasso la vostra libertà legata con le catene
dell’ipocrisia!”
ALESSANDRO: Suona bene
STEFANO: Perfetto! Firma
DIMITRI: “Dimitri Spandau – ultimo martire della rivoluzione”
ALESSANDRO: Ora non manca proprio niente – vero Stefano?
(Stefano non risponde. Osserva Dimitri che firma con un grande svolazzo.
Dimitri consegna il foglio a Stefano ed esce.
Stefano e Alessandro si siedono, in attesa del colpo di revolver. Musica: il tam-tam si fa più affannoso)
ALESSANDRO: Tu che ne dici Stefano – s’ammazza?
STEFANO: Se non ci pensa su
Ma se ci si mette a pensare
non ne fa niente
ALESSANDRO: E allora?
STEFANO: Abbiamo il foglio – no?
Lo aiutiamo a suicidarsi
ALESSANDRO: Ho capito – come Majakovskij
STEFANO: Uhm che cultura
ALESSANDRO: Però una cosa è il suicidio – una cosa l’omicidio
STEFANO: Con un po’ di arredamento l’omicidio
diventa suicidio
ALESSANDRO: Sì ma
STEFANO: Hai paura di doverlo ammazzare tu?
ALESSANDRO: Non lo so – Mi fa un po’ pena
È un tale maniaco
STEFANO: Per questo si ucciderà
ALESSANDRO: Non ho capito una sola parola
di tutta quella cazzo di teoria
STEFANO: Obiettivamente non era facile per te
ALESSANDRO: Perché – tu hai capito tutto?
STEFANO: Lascia stare
(Passeggia nervosamente)
Ma che fa…?
ALESSANDRO: Secondo me
STEFANO: Piantala – idiota!
ALESSANDRO: Li conosco questi credenti – io
Sempre pronti a riempirsi la bocca
di bei discorsi altisonanti e poi…
STEFANO: Sono le due e venti
Quando arriverà la segnalazione alla polizia
il corpo di Dimitri sarà ancora caldo
Ci sarà casino – verranno i giornalisti
La notizia trapelerà subito grazie ai soliti canali
pagati dalla stampa di regime
Diranno che la pace è tornata
che il terrorismo in città è finito
Allenteranno la sorveglianza ai posti di blocco
e noi ce ne potremo andare tranquillamente
ALESSANDRO: (ride) Sai a che cosa m’hai fatto pensare?
Alla storia di quella che porta le uova al mercato
(Stefano lo guarda. Alessandro smette di ridere)
Andremo all’estero?
STEFANO: Riceverai disposizioni
(Passeggia di nuovo)
Quanto ci mette?
ALESSANDRO: Forse s’è impiccato!
STEFANO: Ma se ha scritto: “Mi uccido con un colpo di pistola”!
ALESSANDRO: Glielo hai fatto scrivere tu
Forse lui ha un’altra idea del suicidio
C’è da aspettarsi di tutto – da uno come lui
STEFANO: Vai a vedere nella sua stanza
ALESSANDRO: No – vacci tu
(Stefano esce. Un urlo, poi un lungo silenzio.
Stefano rientra)
S’è impiccato?
STEFANO: No – sta in mezzo a quella sua stanzetta buia
Appena m’ha visto s’è messo a urlare
ALESSANDRO: Tu che pensi?
STEFANO: Due possibilità:
o io l’ho disturbato proprio mentre
stava per premere il grilletto – oppure
sta pensando a come far fuori noi due
Forse è così: ha paura e crede
che solo ammazzandoci può uscirne
ALESSANDRO: Ma che credente è – allora?
STEFANO: Stai in guardia – tira fuori la pistola
Gli diamo ancora dieci minuti
matto o no – deve decidersi
Pausa.
ALESSANDRO: Stefano – come finirà?
STEFANO: Con lui?
ALESSANDRO: Con noi – con la colonna
STEFANO: Ci riorganizzeremo – ci rifonderemo
ALESSANDRO: Questa è propaganda – non serve, con me
Sai che Anna e Nicole se la son battuta?
STEFANO: Come lo sai?
ALESSANDRO: Le ho viste stamattina
tenteranno di espatriare
Nicole non s’è ripresa – dalla morte di Alex
E Anna è con lei – la porta via
STEFANO: Quelle due non contano – erano manovali
ALESSANDRO: Dimmi come andrà a finire con noi
STEFANO: Tu – perché sei entrato nel partito armato?
ALESSANDRO: Perché credevo nella causa comune
STEFANO: E ora non ci credi più?
ALESSANDRO: Ci credo ancora – non pensare che voglia mollare
come hanno fatto tanti –
A me mi frega un cazzo della vita
Non tradirò mai - io
STEFANO: Neanche se ti seviziano?
ALESSANDRO: Come sarebbe?
STEFANO: Non capisci? Se ti torturano!
s’incappucciano – così non puoi neppure guardarli in faccia – e ti massacrano
Fanno di tutto per farti parlare
ALESSANDRO: Mi fa paura la faccenda – è vero
Tu li condanni quelli che parlano
sotto tortura?
STEFANO: Li condanno perché sbagliano
Mancano di chiarezza e coinvolgono altri compagni
Sono incapaci d’ affrontare le nuove condizioni
dello scontro di classe
i livelli di repressione dello stato imperialista
ALESSANDRO: Tu sei mai stato torturato?
STEFANO: Moralmente sì
ALESSANDRO: Io parlo della tortura fisica
STEFANO: No – e con questo?
ALESSANDRO: Con questo che ne sai cosa vuol dire
Che ne sai cosa si sente quando ti bruciano le dita dei piedi con gli accendini quando ti spiaccicano le sigarette accese sui coglioni? Io poi sono debole di coglioni ne ho uno solo da bambino ho fatto l’orchite una pallonata mentre giocavo a calcio in un campetto le palle mi si gonfiarono così e il medico ci mise sopra una pomata tutta nera avevo i coglioni come un cappello da prete poi si sgonfiarono e un bel giorno me li guardo e ne trovo uno solo l’altro era scomparso a tastarlo era piccolo come un nocciolo di ciliegia ma in compenso quello sano era cresciuto il doppio è grosso ma è delicato – non ci posso neanche pensare se mi toccano il superstite io parlo dico tutto di me dell’organizzazione dico tutto quello che so
STEFANO: Sei un pirla – e meno male che sai poco
ALESSANDRO: È una fortuna o forse no forse loro pensano che so molto di più e s’accaniscono contro la mia povera
palla vedova…
STEFANO: Vuoi piantarla?
Pausa.
ALESSANDRO: Stefano – è vero quello che si dice di te?
STEFANO: Che si dice? Sentiamo
ALESSANDRO: Che se uno tradisce tu lo porti in campagna
su qualche collina deserta e poi
gli metti in mano una pala e gli fai scavare la fossa
lentamente – lui scava e scava e scava
e tu lo guardi senza dire niente
poi – quando c’è dentro fino al petto
lo fai uscire e ricopri con la terra fresca…
STEFANO: Tu cosa pensi?
ALESSANDRO: Io non so – ma già t’ho visto all’opera
con Alex – che decisione – che lucidità
Pausa.
STEFANO: Tu dovevi stare a casa – Alessandro
Cosa facevi prima di entrare
nell’Organizzazione?
ALESSANDRO: Lavoravo in una fabbrica di vernici blu
com’era blu la mia fabbrica
Ancora oggi – quando vedo un cielo blu
mi viene da vomitare
STEFANO: E poi?
ALESSANDRO: Vennero quelli del Potere Proletario – gli studenti, insomma
Cominciarono a dirci che si muore
dei gas emanati dalle vernici
Che si diventa impotenti – questo ci dissero
E era vero! C’erano compagni di lavoro
che non riuscivano più a far niente
né con le moglie né con le ragazze
Capirai – io già sono delicato qui
Un bel giorno ho piantato la fabbrica
e ho seguito gli studenti
e quando qualcuno di loro passò con voi
io l’ho seguiti – dopo un mese
non so neanche io com’è successo
sono entrato in clandestinità
Stefano – te lo giuro – non è che non ci creda
in quello che facciamo
Questo stato del cazzo va cambiato - ma
STEFANO: Dubiti che possiamo farlo noi – vero?
ALESSANDRO: No – noi siamo forti anche quando sembriamo deboli
tu l’hai detto e io ci credo – so che è così
io li ammiro i nostri capi – io vi ammiro
perché anche tu sei un capo – non è vero?
STEFANO: E allora che problema hai?
ALESSANDRO: È una cosa personale
io mi sento un gregario – un porta-acqua
Mi sento diverso – non so come spiegati
STEFANO: Che vuol dire che ti senti diverso?
ALESSANDRO: Perché anche nell’Organizzazione
c’è chi è più bravo e chi è meno bravo?
Chi è più intelligente e chi lo è meno?
Chi comanda e chi no?
Non predichiamo forse l’eguaglianza?
E poi – c’è davvero quest’uguaglianza?
STEFANO: Ma è una fissazione questa storia
dell’uguaglianza! Anche per te – come per Pietro
ALESSANDRO: Che cazzo c’entra Pietro
lui è un teorico – uno col cervello che gli fuma
io sono confuso – cazzo –
io sono uno che si smaga perché ha la coscienza
d’essere una mezza-calza – una mezza-cartuccia
un mezzo-rivoluzionario…
STEFANO: (ride) Hai ragione
Tu non sei neanche un coglione intero
sei un mezzo-coglione
ALESSANDRO: Non ridere – Stefano!
Io ci ho del fegato – e non a chiacchiere!
Te lo posso dimostrare se non ci credi!
Subito – vado lì dentro – da lui
e gli faccio schizzare quel cervello pieno di Dio!
Ci vado – Stefano? – Ci vado?
STEFANO: Non ti muovere – diamogli ancora un po’ di tempo.
(Alessandro torna a sedersi.
Lunga pausa. Poi Alessandro, di scatto, si alza ed entra nella stanza di Dimitri. Tramestio. Un grido, un vocio soffocato. Alessandro rientra, stravolto. Si succhia un dito)
ALESSANDRO: Guarda qui – m’ha morso un dito
quel figlio di Maria!
STEFANO: Cretino – Hai voluto fare l’eroe
ALESSANDRO: Quello non s’ammazza – Stefano!
Ti giuro: è un mezzo-prete – sta pregando!
STEFANO: Cosa fa?
ALESSANDRO: Prega! Lì dentro non vedevo niente
non c’è un filo di luce – allora
ho acceso un cerino – niente
ho visto una finestra – mi sono avvicinato
pensavo che fosse scappato di lì
Era chiusa, il cerino mi s’è spento
ne ho acceso un altro ed ecco che l’ho visto
Sta in un angolo – con gli occhi sbarrati
da pazzo – gli sono andato incontro
e lui m’ha morso come un cane arrabbiato!
STEFANO: T’ha detto qualcosa?
ALESSANDRO: Sì – “Vattene sciacallo!”
L’ho lasciato lì che prega
Ma chi cazzo prega se crede d’essere Dio?
STEFANO: Lascialo pregare – buon segno
ALESSANDRO: Come fai ad essere così sicuro?
Stiamo perdendo del tempo prezioso
Potremmo già essere lontani da qui
STEFANO: T’ho detto che è un buon segno
Se fa le preghierine
vuol dire che si sta raccomandando l’anima
ALESSANDRO: Sì, ma a chi?
STEFANO: Cosa ti frega? – A dio – a se stesso…
ALESSANDRO: Forse hai ragione
Tu lo capisci meglio di me
STEFANO: Appunto – Quindi stattene buono al tuo posto
e non ti muovere più – per nessun motivo
Stavolta è un ordine
(Alessandro si siede. Si succhia il dito.
Pausa)
ALESSANDRO: Stefano – prima non m’hai risposto
STEFANO: Risposto a cosa?
ALESSANDRO: Quando t’ho chiesto come andrà a finire
Pensi che ci sarà un’insurrezione?
STEFANO: Dove le hai sentite queste maronate?
Da Pietro?
ALESSANDRO: Non è per questo che ci battiamo?
Non è per questo che stiamo in guerra?
STEFANO: Tu parli come un figlio di papà
ALESSANDRO: Mio padre – guarda – era un cottimista
STEFANO: Fa niente – parli come quei borghesucci
che abbiamo avuto la leggerezza di prender con noi
e che poi si sono persi per strada
o hanno tradito – Volevano la rivoluzione
la Grande Rivoluzione – subito!
ALESSANDRO: Tu no? – Non la vogliamo anche noi
la rivoluzione?
STEFANO: Frena la tua impazienza – colorista
Ne deve passare di tempo – prima
che tu possa dipingere di rosso la tua fabbrica!
ALESSANDRO: Lo so – ma quanto tempo?
STEFANO: Sarà un processo lungo
bisognerà attraversare un’intera fase storica
Non te l’hanno detto questo?
ALESSANDRO: Me l’hanno detto – me l’hanno detto
Me ne hanno fatte di lezioni
(Stefano guarda l’orologio)
Ma che fa quello? Ha la preghiera lunga
Pausa.
STEFANO: Forse è il momento di intervenire.
ALESSANDRO: Aspetta ancora un momento Stefano
Io – non ho ancora fatto un’azione militare
Finora sono stato un laterale
Tu – invece – sei uno dei capi-colonna
(Lo guarda. Stefano non risponde)
M’hanno detto che hai partecipato
a un sacco d’azioni di guerriglia
Ecco – a volte – tu lo sai
c’è scappato un morto innocente
Dei proletari son rimasti uccisi
Gente semplice – fuori dei giochi di potere
Questo fatto non t’ha creato – sì, insomma
dei problemi di coscienza?
STEFANO: Queste sono invenzioni della controrivoluzione
Non abbiamo mai colpito innocenti
neanche per sbaglio
ALESSANDRO: Ma quei – poliziotti di vent’anni
quei ragazzi sbarcati in città
appena usciti dai loro paesini del Sud?
STEFANO: Erano mercenari in divisa
che hanno venduto alla borghesia
la loro identità di classe
Quella gente semplice – come dici tu
ha tradito le sue origini contadine.
È diventata il braccio armato del regime
Noi glielo abbiamo detto – ai poliziotti
di cambiar mestiere – Se non lo fanno
non possiamo avere nessuna pietà di loro
ALESSANDRO: Ho capito – sei bravo a rispondere – tu
Un’altra cosa – perché tanti dei nostri
si sono pentiti?
STEFANO: Tu leggi troppi giornali del sistema
ALESSANDRO: Sì ma rispondimi – che ti costa?
STEFANO: Non esiste il terrorista pentito
È un’altra invenzione del regime
Quando mai un autentico rivoluzionario
si pente?
Te l’immagini un Bakunin pentito?
Un Mao che fa i fioretti?
Un Castro che si batte il petto in chiesa?
Un Lenin che si fa la comunione?
Sei proprio un pirla – Alessandro
ALESSANDRO: Sì Stefano – questo me l’hai già detto
Ma quelli che si sono pentiti – allora
chi sono? Voglio dire – quelli che hanno parlato?
STEFANO: Dei delatori – dei venduti – delle spie di polizia
Sono tragiche marionette
cadaveri ambulanti
E noi li trattiamo come pidocchi
Li scoviamo e li schiacciamo
come abbiamo fatto con Alex
ALESSANDRO: Però quelli della colonna
sono quasi tutti in carcere
STEFANO: Tu credi che il carcere
è un punto di forza dello stato?
Il carcere per noi è come una pensione
dove a spese del sistema abbiamo la possibilità
di aggregare nuove forze e di riorganizzarci
Sai perché la rivoluzione rinasce sempre
dalla sua cenere?
Perché la brace non si spegne mai
Per ogni compagno morto o incarcerato
dieci compagni nuovi soffiano sul fuoco!
ALESSANDRO: Come l’hai detta bene, questa
Potessi parlare come parli tu…
(Pausa)
Dove hai studiato?
STEFANO: Al Nord
ALESSANDRO: Nella famosa fabbrica di parolai?
(Pausa. Stefano non risponde)
Ci avrei giurato
STEFANO: Che cosa?
ALESSANDRO: Che anche tu sei passato di lì
STEFANO: Che ne sai – tu?
ALESSANDRO: So molte cose – più di quante pensi tu
Solo che non le esprimo bene come te
So anche che da ragazzo sei stato in seminario
STEFANO: Chi te l’ha detto?
ALESSANDRO: L’ho capito da come parlavi con Dimitri
e con Pietro
Anche loro devono aver studiato
in qualche collegio di preti
Vi intendevate benissimo – forse
avete studiato insieme
STEFANO: Non dire cazzate
ALESSANDRO: Ma no, perché? Che male c’è?
C’era un sacerdote al mio paese
che parlava un po’ come voi – come dire?
con un tono un po’ francescano – da miracoli
anche voi credete nei miracoli
e al posto di Dio ci mettete la classe operaia
STEFANO: Adesso la pianti
ALESSANDRO: No – perché? Lasciami parlare
Si fa così per ammazzare il tempo
intanto che quello si ammazza
Che dicevo? Ah, la tua fabbrica di cattolici di sinistra
È da lì che sono venuti i baciapile rivoluzionali
gli anticomunisti intestinali
Sono passati dai corridoi dei seminari
alle assemblee universitarie
I mezzi-preti come Dimitri
i sapientoni tutti slogan e mitra
i professori con la voglia di passamontagna
sulla faccia
i figli di ministri che vanno a messa ogni mattina!
STEFANO: Però – non sei così idiota come sembri
sei molto peggio
ALESSANDRO: È vero? Hai proprio ragione
Però lasciami parlare – tanto sono cazzate, no?
STEFANO: Già – è un gran parlare del cazzo
ALESSANDRO: Sì, cazzo! Lo vedi che anche tu dici cazzo?
Da dove vieni – da un consiglio d’Università?
STEFANO: Ora cominci a stufarmi – basta!
ALESSANDRO: Eh no – ora continuo!
Perché ora l’ho capito da cosa ti viene
tanta sicurezza!
STEFANO: Sentiamo – deficiente!
ALESSANDRO: È dai libri del cazzo che ti viene!
Dai trattati del cazzo sulle masse!
Dai saggi del cazzo dei baroni!
Da tutti quei libri del cazzo di merda
che io non potevo leggere
perché stavo morendo nel blu dipinto di blu
della mia fabbrica del cazzo!
STEFANO: Cos’hai? La paura t’ha fatto venire
un attacco isterico?
(Lo prende per il collo, ma Alessandro si divincola e urla, invasato)
ALESSANDRO: Sì, sono isterico sono isterico intanto quello lì non s’ammazza non s’ammazza e sai perché non s’ammazza? Perché è come te l’ho visto sai? Come gli parlavi – vi capivate voi due mentre io steccavo ogni volta che aprivo la bocca e tu e lui mi dicevate – sta’ zitto scemo! – lui è come te fa ammazzare gli altri ma non s’ammazza se ne sta lì a pregare il suo dio ma col cazzo che mantiene la parola e io mi sento in trappola qui dentro invece di filarmela all’estero come hanno fatto quei disperati dei nostri compagni quelli che non hanno mai capito niente perché tanto c’eravate voi che capite tutto – voi gli intellettuali gli sgobboni i primi della classe rivoluzionaria i centodieci e lode i borsisti figli di ministri borsaioli dello stato i teorici da sinemà d’essè del cazzo!
(Stefano prende la pistola e la punta su Alessandro)
STEFANO: Un’altra parola e ti faccio sputare i gas velenosi!
(Silenzio teso. Alessandro si siede, svuotato. Si prende la testa tra le mani. Parla a voce bassa)
ALESSANDRO: Ammazzami – boia
tanto mica stai a guardare il numero, tu
e poi
meglio che la finisca con questa mia vita del cazzo sono stanco di passare da un padrone all’altro
(Stefano punta la pistola contro di lui. Tensione. Poi l’abbassa)
STEFANO: (con stanchezza) Vattene – Alessandro
Non abbiamo bisogno di gente come te
(Punta di nuovo la pistola su Alessandro. Alessandro si alza, sotto mira)
Vattene – approfitta – Questa è la mia ultima pausa
Fila – D’ora in poi non ci sarà più posto
Per dubbi o debolezze – tra noi
Perché noi dobbiamo continuare
ALESSANDRO: (debolmente) Perché?
Uno sparo proveniente dall’altra stanza. Alessandro si scuote, entra nell’altra stanza. Stefano resta immobile.
Musica: strumenti a percussione al massimo.
Rientra Alessandro. Guarda Stefano. Uno sguardo lungo, fisso, disperato. Poi prende dal tavolo la dichiarazione firmata da Dimitri. La consegna a Stefano. Esce.
Tace la musica.
Luce su Stefano, ancora con la pistola in pugno.

FINE

 

 

 
 
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