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Il merlo sulla forca (inedito)

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La scena
Parigi 1450.La scena è una scatola nera dalle pareti con case e palazzi medievali disegnati a gesso. Al centro, sul pavimento in legno, una pedana ovoidale messa in verticale,di 5 metri di larghezza e sette di lunghezza. In fondo, pareti nere anch’esse istoriate, con una porta di velatino scorrevole. Dietro il velatino, un altro velatino che rivelerà la scena con i tre impiccati. A sinistra, in fondo, il bancone della mescita della Taverna della “Pomme-de-Pin”. Sulla destra, in primo piano,una scrivania con libri e l’occorrente per scrivere. Dietro, la poltrona sfondata di Villon nella casa di Don Guillaume, il Parroco di Saint Benoît.Sulla pedana, due lunghe panche ed un tavolo al centro. Nella scena alla corte di Blois si avranno piccoli cambiamenti, così nella prigione di Meung.
I personaggi.
François Villon, poeta vagabondo.
Régnier de Montigny, studente e “coquillard”, attore nella farsa a Blois
Margot, ostessa. Sarà anche Marie, Duchessa d’Orléans alla Corte di Blois
Colin de Cailleux, studente e “coquillard”, chitarrista,
Mercier, “coquillard” puzzolente
Don Guillaume Villon
Isabel, studentessa che diventerà Marion l’Idole, puttana
Catherine, studentessa per bene, che sarà Dama di compagnia alla Corte di Blois
Prevosto, Capo-gendarme di Parigi, che sarà Charles D’Orléans, Duca-poeta.
Sermoise, prete morto ammazzato, poi Notaio Ferrebouc
Mlle de Labruyère, beghina, poi Marthe,Vivandiera nel carcere di Meung
Primo Gendarme, poi attore nella farsa, cameriere alla Corte di Blois
Secondo Gendarme, attore, avventore della taverna, cameriere
Terzo Gendarme, attore, secondino allo Châtelet , avventore alla taverna
Vincent, fisarmonicista, Boia incappucciato nella prigione di Meung.

La musica e le canzoni.
Molte ballate dell’ “Opera da tre soldi” di Brecht sono prese da quelle di Villon.”Il merlo sulla forca”, ovvero François Villon, poeta, ladro e assassino”, avrà dunque un impianto musicale vagamente brechtiano-weilliano. Per le canzoni popolari da taverna, dal vivo, bastano una chitarra e una fisaramonica, strumenti, appunto, armonicamente popolari. Alla corte di Blois e nella prigione di Meung, si avrà musica su base registrata, a scelta dell’autore delle musiche.
I QUADRO: musica “rappata” in accompagnamento ai due “sots”, gli studenti: cantano Régnier e Isabel. La poesia di Mercier è più parlata che cantata. La “Ballata delle dame d’una volta” è cantata da Margot. II QUADRO: musica, Tema del “Pet--au- Diable.” Acrostico di Villon, canta Villon. III QUADRO: canzone “Vi voglio parlare di me stessa”, canta Catherine. La “Canzone del campanone della Sorbonne” è cantata da Villon. Musica: Tema di Calipso. IV QUADRO: Canzone della chiusa dei “Lais”(“Lasciti). Canta Villon. Musica: Tema dei “Lais”, con cadenza brechtiana. V QUADRO: i “Lais” di Villon. Canta Villon. Chitarra e fisarmonica.
VI QUADRO : Musica registrata. Tema della Corte di Blois. Canzoni, sempre su musica registrata:”Ballata dell’esilio”, Rondeau di Charles d’Orléans, canta Marie(Margot), qui moglie del duca-Re; “Mignonne, allons voir si la rose”, canzone anacronistica tratta dalla nota poesia di Pierre Ronsard, canta Diane. Canzone “Quando sarete vecchia, accanto alla candela” di Ronsard, canta Régnier; Canzone “Ballata delle contraddizioni”di Villon, canta Villon.
VII QUADRO: Musica registrata. Canzone “ Secondo finale dell’Opera da tre soldi”, di Brecht-Weill, canta Régnier de Montigny. “Ballata lettera agli amici”di Villon. Duettano Villon e Régnier. VIII QUADRO:Dialogo ritmato, a “contrasto” fra Don Guillaume e Villon.
IX QUADRO: Fisarmonica e chitarra. canzoni: “La Ballata delle buone lingue”, canta Isabel, diventata la puttana “Marion l’Idole”. Canzone “La ballata del macrò” di Bertolt Brecht,musica di Kurt Weill, da “L’Opera da tre soldi”, duettano Villon e Margot. “La ballata della Grosse Margot” di Villon, canta Villon. “Surabaya Johnny” canzone di Brecht(da “Happy end”?), canta Margot. X QUADRO: Villon canta la “Ballata degli impiccati” nella versione di Brecht o in quella di Fabrizio De André.
FINALE CORALE: la “Ballata degli impiccati” cantata da tutti, nella nuova versione musicale originale.

PRIMO QUADRO
Una piazza piena di gente che va, che viene, che compra pane e vino al bancone di Margot, che bighellona senza far niente, che fa casino. Improvviso rullio di tamburi.Due studenti, due “sots” vestiti di giallo e con in testa un cappuccio ornato di orecchie d’asino e di sonagliere, salgono sul palco, montando sul tavolo della Taverna, sempre rullando i tamburi per attirare l’attenzione. La gente si ferma li sta ad ascoltare. I due studenti cantano le loro tiritere con ritmo di rap. Siamo a Parigi. Corre l’anno 1450.
REGNIER (canta a rap) Stolti lunatici, stolti storditi e stolti saggi
stolti balordi, stolti grulli e stolti di villaggi
stolti di città, stolti ladroni e stolti straccioni
stolti signori, stolti potenti e stolti ricconi,
stolti amorosi, stolti discreti e stolti selvaggi,
stolti stranieri, stolti di provincia e dei paraggi
stolti vecchi, stolti maturi e stolti giovincelli,
stolti ragionevoli, stolti perversi e stolti ribelli,
domani Martedì Grasso il Principe degli Stolti
reciterà davanti ai colti ed agli incolti!
In barba ai nobilastri ed ai vassalli
darà spettacolo di satira alle Halles.
ISABEL Stolte zitelle, vedove e malmaritate
stolte vecchie, stolte bruttine e stolte stagionate
stolte piacenti, stolte di mezz’età, stolte pischelle

stolte che amate gli uomini e alzate le gonnelle
stolte casalinghe, stolte operaie e stolte sarte,
stolte ricamatrici, stolte del tutto o solo in parte,
stolte beghine, stolte puttane e stolte verginelle
stolte magrette e stolte che mangiate a crepapelle,
domani ne vedrete delle belle, in allegria:
Re Carlo Sette perderà i suoi vezzi
Papa Nicola sarà fatto a pezzi!
E sempre sana sia la goliardia!
Scendono dal tavolo e dalla pedana, applauditi dalla gente.
Mentre la luce trascolora e va verso il rosso del tramonto, sale sul palco
ma non ce la fa a salire sul tavolo un bassotto cencioso, un barbone che
canta, facendo una smaccata parodia della donna. Ma emana un tale
fetore che i passanti se ne vanno alla spicciolata ed escono.
MERCIER Sette bellezze deve aver la donna
perché si possa dir davvero bella.
Larga di spalle e stretta di cintura,

lunga di gambe e svelta l’andatura,
con due occhi di fuoco sulla testa
ma nel parlare semplice e modesta.
Un bel didietro e petto sodo a pera:
ricca va bene, meglio ereditiera.
Scende dal palco e chiede l’elemosina ai pochi rimasti, che scappano ammorbati
dal suo puzzo, turandosi il naso. La piazza si svuota. Restano solo François Villon,
Robert de Montigny e Colin de Cayeux che porta sempre a tracolla una chitarra.
Vanno a sedersi alle panche della Taverna della Pomme-de-pin. Si aggrega anche
Mercier, che fa parte della compagnia, ma viene subito allontanato e va a sedersi sul
bordo della pedana, lontano.
MERCIER Ohé, basta con questa storia che puzzo! Mi sono lavato 8 giorni fa!
COLIN Non basta, Mercier. Dammi retta: devi stare a mollo almeno 8 anni!
VILLON Scommetto che i soldi che rubi li metti in un nascondiglio sicuro: sotto
il sapone.
Risate.Régnier de Montigny, il nobile del gruppo, parla con tono g sprezzante.
REGNIER Puzzi di piscia e merda secca, di fistola e di sangue di mestruo!
MERCIER Oh, sentitelo il Signor de Montigny! Se volevi annusare acqua di rose e
profumi orientali, perché te ne sei andato dal tuo palazzo e sei venuto
ad abitare qui in Piazza Maubert?
REGNIER Perché il profumo dei nobili mi fa più schifo del puzzo dei poveri.
MERCIER (Lamentoso) Ma che , è colpa mia? Ci ho i pori dilatati che versa

sudore come fontanelle.
COLIN Lasciamolo stare, è nostro amico, no? L’importante è che se ne stia un po’ lontano.
MERCIER Tanto tu, Régnier, prima o poi finirai alla “Coquille,”
REGNIER E allora? Mi venga un cancaro se ho paura di diventare un “coquillard”!
VILLON Smettiamola di litigare. Ordiniamo piuttosto da bere. Ho la gola secca
come quella d’un impalato. Margot!
REGNIER Però non ci portare l’acquavite che ci hai propinato ieri, Margot. C’era più acqua che vite, in quella caraffa.
MARGOT (aggressiva) E io che c’entro? Io devo solo mescere, a preparare le
bevande ci pensa mio marito.
VILLON Margot ha ragione. Lei è solo l’ostessa. L’oste è Turgis, che se ne sta
di sopra, inchiodato dalla gotta. E oste, in latino, vuol dire nemico!
REGNIER Benissimo. Allora, Margot, se vuoi che perdoniamo al nostro nemico,
portaci quel “morillot“, quel Bordeaux nero che risuscita i bianchi e i
mori.
Margot va a prendere il vino, lo versa ai tre amici e anche a Mercier,
senza nascondere il suo ribrezzo. Régnier de Montigny le dà una grossa
mancia.
MARGOT (incassando sotto la gonna) Dio ve ne renda merito, Signor de Montigny.
REGNIER Dio sì e tu no?
MARGOT Io? E che cosa posso darvi io, che non vi ho già dato?
REGNIER (allusivo) Beh, qualche altra cosa ci sarebbe...
Margot si allontana sorridendo. Gli amici bevono.

COLIN La sapete, l’ultima sul Re? Dicono che ci ha il delirio di persecuzione.
Per questo ha tanta paura dei disordini....
MERCIER Fa tanto il grande Generale, ma se non era per Giovanna d’Arco che gli
cacciava gli inglesi, noi stavamo qui a mangiar torsi di cavolo, come loro!
REGNIER (col tono del più informato) Ha la setticemia e ultimamente s’è beccato
pure la scròfola. Non mangia più, non può inghiottire niente.
COLIN E Papa Niccolò Quinto....
VILLON Basta con la politica. Mi annoia.
I quattro bevono, scolandosi la bottiglia. Si fa uno strano silenzio.
Beh, allora che si fa?
COLIN Come, che si fa?
REGNIER Quando?
VILLON Stasera.
REGNIER Si sta qui a bere, no?
VILLON Ci ubriachiamo, facciamo un po’ di schiamazzi per la strada, svegliamo
qualcuno, diamo fastidio a qualcun altro e poi a letto. Divertente, no? Lo
facciamo ogni sera!
MERCIER Aspettiamo il coprifuoco. Dopo l’ultimo bando, quando tutti i lumi sono
spenti, usciamo.
VILLON A fare che?
MERCIER Andiamo a strappare le insegne dai negozi e dai palazzi.
VILLON L’abbiamo già fatto. Margot, vieni qui, bella.
Margot gli si va a sedere sulle ginocchia e lo accarezza.

Dopo, dopo. Prima perché non ci fai una cantatina?
MARGOT Cosa vuoi sentire?
VILLON La “ Ballata delle donne d’una volta”.
REGNIER Quella tua, insomma.
VILLON Perché, non ti piace?
REGNIER Al contrario. E’ una delle mie preferite.
MARGOT E poi, io canto sempre le ballate scritte da François. Mi piacciono
molto di più di quelle del Duca Charles d’Orléans.
REGNIER Che passa per il più grande poeta di Francia. Invece è il nostro François!
VILLON Sì, prendimi in giro, tu. Dai, Margot, attacca. Colin, accompagnala.
MARGOT (canta, Colin suona la chitarra) Ditemi dove sono, in che paese
Flora, la bella romana,
Aspasia ,o Taide la puttana
che fu sua sorella germana,
Eco, la cui voce rimbombava
al di sopra di un fiume o di uno stagno,
e che fu di bellezza più che umana.
Ma dove sono le nevi dell’anno scorso?

Dov’è la dottissima Eloisa,
per lei Pietro Abelardo fu castrato
e in convento entrò, a Saint Denis.
Per amor suo subì questo destino.
E ditemi ancora, dov’è la regina

quella che ordinò che il saggio Buridano
fosse in un sacco gettato nella Senna?
Ma dove sono le nevi dell’altr’anno?

La Regina Bianca come un giglio
che cantava con voce di sirena,
dov’è? E Berta dal gran piede, e Alice
Eremberga che il Maine governava e Beatrice?
Dov’è Giovanna d’Arco di Lorena
che gli inglesi bruciarono a Rouen?
Dove sono, dove, Vergine Sovrana?
Ma dove sono le nevi dell’altr’anno?
Tutti applaudono, Villon la bacia sulla bocca. Poi torna dagli amici.
VILLON M’è venuta un’idea. Stavolta è Mercier che me l’ha data.
REGNIER Sentiamo.
VILLON Andiamo a strappare le insegne della “SCROFA CHE FILA” alle Halles
e dell’ORSO CHE BALLA alla porta Baudoyer. Poi andiamo al Palazzo
delle Peccatrici Redente, ci prendiamo la pietra preistorica e la portiamo
nella nostra giurisdizione, a Sainte Geneviève, dentro la Sorbona
Una volta che siamo lì celebriamo, sopra la pietra antica, le nozze fra
“La scrofa che fila” e l’”Orso che balla”. Che ve ne pare?
COLIN Cioè, rubiamo “Il Peto del Diavolo”, come dice la gente del sasso?
VILLON Momento. Non rubiamo niente. “Il Peto del Diavolo” è roba archeologica.
non appartiene a nessuno. E’ del popolo. Cioè è nostra.

COLIN Mi sembra un’idea molto divertente.
REGNIER E Mademoiselle la Bruyère, la Direttrice dell’Istituto? Se ci scopre, quella
pazza isterica, quella beghina, strillerà come un porco scannato!
VILLON Non ci scoprirà. L’ultimo banditore è passato da un pezzo. Parigi dorme.
E dovunque c’è buio, non c’è neanche la luna, stasera.
MERCIER Io ci sto. Però pesa, quel masso!
VILLON Ci portiamo una carretta. In quattro ce la facciamo a issarcelo sopra.
Fasciamo le ruote e quatti quatti portiamo il cimelio da noi.
REGNIER Bene. Ci sto anch’io. Però dimmi una cosa, François. Com’è che t’è
venuta, questa idea?
VILLON Perché è un’impresa epica che farà parlare tutta Parigi.
REGNIER E poi?
VILLON E va bene, e poi ci voglio scrivere sopra un poema. O un romanzo.
“La Scorreggia del Diavolo.” Suona bene, no?
MERCIER Sì, però puzza.
REGNIER Senti che parla!
VILLON Allora che aspettiamo? Si va?
REGNIER Mercier, però, lo mettiamo alla stanga, che è bella lunga. Così non ci
appesta.
MERCIER Uffa, cominci a rompere, con questa barzelletta della mia sporcizia!
REGNIER Hai detto bene. E’ una barzelletta sporca!
Mercier mostra il pugno a Regnier, da lontano. I due si detestano.
L’allegra brigata esce. Villon manda un bacio a Margot.
MARGOT Chi paga?

VILLON Tocca a me. Segna.
MARGOT Ma che segno? Non ci ho più carta per scrivere i tuoi debiti!
VILLON Non ti preoccupare, domani ti porto un quaderno nuovo.
I ragazzi escono ridendo.



SECONDO QUADRO
Margot sparecchia ed esce.Buio sulla pedana e sul bancone di Margot.
Fuori è buio pesto. I quattro accendono i lumi e si dirigono a passi
felpati verso la porta centrale di fondo.
Musica: Tema del “Pet au Diable”.La luce dell’alba rischiara la scena.
Rientrano Colin, François, Régnier e Mercier con un carretto dalla
lunga stanga alla quale, naturalmente, è Mercier. Sul carretto un grosso
masso antico(di polistirolo, nota per lo scenografo) e le due insegne, di
ferro smaltato, dell’”Orso che balla” e della “Scrofa che fila.”
Portano la carretta davanti alla Sorbona. Sono allegri, euforici,
l’operazione è perfettamente riuscita.
REGNIER E adesso le nozze! Colin, metti le due insegne vicino!
Colin accosta, sulla sommità della pietra, le due grosse insegne.
COLIN E ora ci vuole un velo per la sposa!
Régnier cava di tasca un fazzoletto candido, lo mette sulla testa della
scrofa. Risate. Colin rimette mano alla chitarra, intona alcune note.

François, ispirato dalla musica, improvvisa dei versi e li canta:
VILLON Vivano in pace, l’orso e la sua scrofa:
Io li ho immortalati in questa strofa!
La legge dei goliardi li ha congiunti
Lì resteranno finché sian consunti.
Ora, s’è vero che la scrofa è porca
Non finirà per questo sulla forca!
Risate, allegria. Régnier si complimenta con Villon per i suoi versi.
REGNIER Bravo, François! In quattro e quattr’otto hai improvvisato un acrostico!
MERCIER Che ha fatto?
REGNIER Naturalmente, non hai capito niente. Non hai notato che ogni verso
comincia con una lettera, e insieme formano il nome di VILLON? D’altra
parte, non solo sei puzzolente, sei pure ignorante....
MERCIER (si cava di tasca un coltello) Ora vedrai, bel damerino, se piacerai ancora
alle donzelle, dopo che t’avrò sfregiato la faccia!
Si slancia verso Régnier, ma è trattenuto da Colin e da François, che
hanno tuttavia l’accortezza di turarsi il naso. Un urlo li blocca. Entra
come una furia, assatanata, l’anziana MademoiselleLabruyère.
MLLE Ladri! Dunque è qui che avete portato la nostra Pietra, la Pietra battezzata
dal Vescovo di Parigi!Rubare “Le Pet au Diable” è come rubare in chiesa!
REGNIER Mademoiselle La Bruyère, nel vostro sdegno non vi siete accorta di
paragonare una scorreggia alla chiesa! Non sta bene....
MLLE Lei taccia, figlio degenere d’una nobile famiglia!

VILLON Calmatevi, Mademoiselle. Finirete per perdere la dentiera!
MLLE Riportatela subito al suo posto, feccia della Sorbonne!
VILLON Il suo posto è qui, davanti alla Casa della Cultura. Voi non potete
vantare diritti primordiali su una pietra preistorica!
MLLE Ma io sono una devota, non una miscredente come voi! E il Vescovo
me l’ha data per premiare la mia fatica di Direttricie del centro per la
redenzione delle giovani peccatrici. Sono io che le riporto sul retto
cammino!
REGNIER (oscenamente allusivo) E sbaglia! Non si dirottano le peccatrici dal retto!
Meglio che diano il culo, no? E adesso via di qui, andatevene, megera!
MLLE Non me ne andrò! Chiamerò gente, rivoglio la mia Pietra benedetta!
VILLON Mercier, pensaci tu.
Mercier si avvicina all’anziana signorina, con il coltello in mano.
Ma quello che la fa scappare via deve essere il suo lezzo...
La fuga della Labruyère ringalluzza i ragazzi. Ridono, ballano intorno
al “Pet-au-Diable”.
MERCIER (a Régnier) Qui la mano, principino! Pace!
REGNIER (nauseato ma risoluto, stringe la mano) Pace!
Poi, stanchi, si siedono ai bordi della pedana, verso il pubblico.
COLIN Però, che schifezza di donna, quella Labruyère, vero?
REGNIER A me piace guardarle, le beghine.
VILLON Che ci trovi, Régnier? Quando s’inchinano per la comunione, in
chiesa, senti scricchiolare le loro ossa....

REGNIER E’ proprio questo che mi affascina. Hanno facce come pugni di rughe
e gorgozzùli che sbucano tra i cenci come colli di tartarughe! Davanti
all’altare, quando prendono l’ostia santa, fanno mossette paralitiche con
il capo. Non camminano: piroettano. Cosa sono? Cosa sono state? Dame
di compagnia che hanno fatto compagnia senza averla mai avuta? Signore
decadute? Vecchie ex-baldracche? Cameriere? Hanno mai conosciuto
l’amore? Ecco quello che mi interessa, di loro! Si sono avvizzite nella
purezza? O nel vizio? Sai che mi piacerebbe fare, François?
VILLON Sentiamo.
REGNIER Cavarle fuori dalle loro giacchette sbiadite, dai sudici panciotti che si
ficcano addosso per paura delle polmoniti, spogliarle di quel lurido
fasciume. Denudarle! Vedermele nude davanti, vederle ballettare
sconciamente. Gobbe, storte, decrepite, e far rinascere in loro un brivido
del più antico desiderio! Le più vergini, vorrei, magari quella che non fu
mai toccata, e darle i miei vent’anni! Sentirmela cigolare, scrocchiare
sotto il mio peso, e schiacciarla, darle la più orribile gioia, il più feroce
martirio!Vedere nella sua bocca sinuosa, sdentata, una libidine mostruosa!
Darle tutto, odio, amore, scherno, e poi lasciarla, ridendo, via, via, via!
Silenzio imbarazzato dei tre amici.
COLIN Mi sembri un po’ matto, Régnier....
Stanchi, sfibrati, vanno a sdraiarsi intorno alla carretta con la pietra
e si addormentano, per terra. Si è fatta mattina. Quattro gendarmi, con
i caschi da motociclisti sul viso, un’incerata nera addosso come

mantelli, irrompono in scena fischiando. Cercano i quattro del gruppo.
(Essendo mascherati, i gendarmi possono anche essere interpretati come
doppioni maschili o femminili) Uno solo di loro parla, il capo-gendarme.
CAPO Eccoli là, dietro “Le Pet-au-Diable”!
Fischia a pieni polmoni.I ragazzi si svegliano, si barricano dietro la
carretta.
Avanti, ragazzi! Riportate la pietra dove l’avrete presa e non vi succederà
niente! E’ proibito togliere dal suo posto un antico simbolo di Parigi!
VILLON Siete nel nostro territorio!
REGNIER E’ proibito proibire!
MERCIER (prende un bastone dalla carretta e lo brandisce contro i gendarmi)
Venite qui, se avete coraggio.
VILLON (prende anche lui un altro bastone, imitato dagli altri, e minaccia)
E questo è solo l’inizio!
CAPO Ora basta, ragazzi. Non si lotta contro il potere costituito!
VILLON Noi siamo la fantasia al potere!
CAPO (fischiando) Arrendetevi o carichiamo!
MERCIER Arrendetevi voi, piuttosto!
REGNIER Vedete? Siamo ragionevoli: chiediamo l’impossibile!
CAPO (fischio finale) Accerchiamento e carica!
I gendarmi si dispongono a semicerchio e avanzano brandendo le daghe.
Breve schermaglia, ma le daghe hanno la meglio sui bastoni. Colin è
ferito ad un braccio. Sanguina. Regnier toglie il velo bianco dalla

scrofa-sposa e fascia il braccio dell’amico. I quattro gerndarmi
disarmano i ragazzi e li ammanettano. Poi tolgono di mezzo il carretto
con la pietra, che stava davanti alla Sorbona. Quindi portano i quattro
in primo piano, li fanno sedere sulla panca portata giù dalla pedana,
come se fosse la panca degli arrestati.Due restano di guardia, uno esce, l’altro va a chiamare il Prevosto di Parigi. I quattro aspettano, ribollendo di rabbia.
VILLON E questa vi sembra giustizia? Non abbiamo fatto niente di male!
MERCIER Ci metteranno dentro. Ci sono stato già, qui, allo Châtelet, conosco un
sacco di gente della “Coquille”.
Entra il Prevosto, Monsieur d’Estouteville. Appena vede Mercier, sussulta.
PREVOSTO Tu sei Mercier, di quell’Associazione di ladri, assassini e mendicanti
che va sotto il nome di “Coquille”, vero?Siamo una vecchia conoscenza.
MERCIER Sì, signor Prevosto, ma questa volta non ho fatto niente.
PREVOSTO Ho detto mille volte ai miei gendarmi di arrestarti solo se commetti
delitti gravi. Qui non puoi stare. Mi ammorbi tutta la prigione. Vattene,
fila via!
Mercier esce. Non sa se essere contento o dispiaciuto.
PREVOSTO (controlla le sue carte, si rivolge a Colin) Tu sei Colin de Cayeux:
risulti iscritto alla Sorbonne, ma ci andrai sì e no una volta all’anno,
per trovare gli amici o per rimorchiare studentesse.
COLIN E’ proibito?
PREVOSTO No. Però ti tengo sotto tiro. I miei gendarmi ti sorvegliano.
COLIN Non si sono limitati a questo. M’hanno ferito al braccio con la daga.

PREVOSTO Questo non è corretto. Farò un’inchiesta per sapere chi è stato.
COLIN C’è poco da fare inchieste. E’ quello lì. E ha insultato anche il Rettore.
Indica il gendarme che è rimasto di guardia.
PREVOSTO Sarà punito con il taglio della mano.
Passa a Régnier de Montigny.
Vergogna. Tuo padre è stato panettiere del Re, che lo ha ricompensato con
una ricca pensione e gli ha conferito una nomina di piccola nobiltà. Cosa
ci fai,tu,con questo studente traviato?E, soprattutto, con quel “coquillard”
di Mercier, che non possiamo neanche arrestare per quanto fete?
REGNIER Ci si abitua a tutto.
PREVOSTO Anche alla delinquenza, eh? Mi risulta che le tue visite alla Sorbonne
sono, diciamo così, trasversali: ci vai solo quando bisogna far casino.
REGNIER Vostra Eccellenza è male informato. Ci vado spesso, nella Biblioteca
della Sorbonne. Amo leggere.
PREVOSTO Leggere al di fuori dei corsi e senza fare esami, caro Régnier, è come
non leggere.
REGNIER Non sono d’accordo, Signor Prevosto. Leggere vuol dire tenere il
cervello sempre allenato.
PREVOSTO Anche per rubare un antico simbolo di Parigi? Per andare a puttane?
REGNIER Non è colpa mia se, sui 300.000 abitanti che conta Parigi, 5000 sono
prostitute.
PREVOSTO Attento, Régnier. Hai la lingua troppo puntuta, per i miei gusti. E
veniamo a François Villon. Tu sei licenziato, sei “maître-ès-Arts”.
più sei il figlioccio del mio amico Guillaume, l’ottimo parroco di

Saint-Benoît. Cosa c’entri, tu, con questi facinorosi?
VILLON Sono miei amici. Se sono facinorosi, lo sono anch’io. Anzi, l’idea
di prendere “Le Pet-au-Diable” è stata mia.
REGNIER Non è vero. Siamo tutti responsabili.
COLIN E’ così, signor Prevosto.
PREVOSTO Non vi è venuto in mente di commettere un arbitrio?
VILLON No, Eccellenza. La pietra è preistorica. Nessuno può esserne il detentore
privato. Appartiene a tutti.
PREVOSTO Anche il Colosseo appartiene a tutti. Che ne direste se un gruppo di
sfaccendati lo smontasse pezzo a pezzo e se lo portasse via?
VILLON E’ già successo, Monsieur d’Estouteville. Del Colosseo è rimasto solo
lo scheletro.
PREVOSTO Insomma, basta! Vi siete messi contro i gendarmi!
REGNIER Sono loro che sono entrati nella nostra giurisdizione della Sorbonne,
cioè dove non possono entrare, e ci hanno aggrediti.
PREVOSTO Ma voi eravate armati di bastoni!Vorrei sapere da te, François, che
sei anche un discreto poeta, che rapporto c’è tra scrivere versi e dare
bastonate alla forza pubblica!
VILLON (serafico) Il rapporto c’è. Anche la poesia è una forza pubblica.
PREVOSTO Andate via! Levatevi dei piedi, prima che mi penta della mia generosità! Ma vi avviso!! Non si scherza con la giustizia!
I ragazzi vengono smanettati. Escono fuori, ridendo e cantando
la canzone di Villon, “L’orso che balla e la scrofa che fila”.

20

TERZO QUADRO
Luce verdastra-azzurrina. E’ sera. Seduta nella panca della taverna, ora panchina
di giardino, in proscenio, c’è Catherine, studentessa, fidanzata di Villon. Sembra
nervosa, aspetta, poi sbotta, al pubblico. Canta: “ Vi voglio parlare di me stessa.”
CATHERINE Vi voglio parlare di me stessa.
Amo, riamata, uno scavezzacollo
che m’ha sbattuta come un panno al fiume.
Mi tradisce con una certa ostessa,
spesso è ubriaco, quando è ben satollo.
Mi farà di ragion perdere il lume.
Voler bene, amare, adorare?
Beato chi non ci ha niente a che fare!

Vi pare giusto che una bella figlia
perda tempo con uno che di Apollo
non ha della sembianza un sol barlume?
E’ nero come un tizzo, non va a messa,
potrà finire con la corda al collo,
ha per amici tutto il becerume.
Voler bene, amare, adorare?
Beato chi non ci ha niente a che fare!
Alla fine della canzone, si risiede. Entra Villon, trafelato.
VILLON Perdonami, Catherine, ma non ce l’ho fatta a venire alla messa.

CATHERINE Ma è il giorno del Corpus Domini! Mi hai fatto stare in chiesa tutta
sola!
VILLON Sai, stavo scrivendo una poesia e....
CATHERINE Mah. Non so perché non t’ho ancora lasciato.
VILLON Ma via, Catherine, sono un poeta. Ho i tempi del poeta.
CATHERINE Sei un poeta! Scrivi versi e ballate. Ma chi li pubblica, i tuoi versi?
Chi le canta, le tue ballate?
VILLON C’è chi le canta, sai?
CATHERINE Sì, la tua ostessa, in quella Taverna-Lupanare!
VILLON Ma che lupanare! E’ frequentata da chierici e studenti.
CATHERINE Appunto.
VILLON In quanto alla pubblicazione dei miei versi, credi che sia facile trovare
un editore di poesia che non si faccia pagare? Io non pago nessuno. Vuol
dire che i miei versi li pubblicheranno quando sarò morto. Intanto, però,
cominciano ad essere conosciuti, a Parigi. Perfino il Prevosto....
CATHERINE Ora scopriamo che il Prefetto, Monsieur d’Estouteville, legge i tuoi
versi. Magari nella buona società.
VILLON (perde la pazienza) Non ho detto questo! E della buona società me ne
fotto!
CATHERINE Ma non capisci che fai una vita da debosciato? Quella storia del
“Pet-auDiable”, per esempio, ha fatto il giro di Parigi. Mi sono sentita
morire di vergogna, quando me l’hanno raccontata!
VILLON Perché tu sei una figlia di papà! Una studentessa modello. Sai come le

chiamo, quelle come te? Sepolcri imbiancati!
CATHERINE Non permetto a nessuno di offendermi così! E tanto meno a te!
VILLON Scusami, mi sono lasciato andare.... Sai bene che ti amo.....
CATHERINE E io so bene che finirò per disamarti!
L’intervento provvidenziale di Régnier, al braccio di una sua bella
amica studentessa, Isabel, mette fine all’alterco.
REGNIER Che fate, litigate come sempre?
CATHERINE Mi ha fatto aspettare un’ora. Sono dovuta andare sola alla messa del
Corpus Domini
ISABEL Ti ho vista da lontano, tutta sola. Volevo raggiungerti. Ma c’era tanta di
quella gente....
REGNIER E’ vero. C’era tutta Parigi.
CATHERINE Tranne François.
REGNIER Ma lui è un artista, Catherine! Vale più una sua ballata di cento messe
cantate!
ISABEL (risentita) Ma insomma, Régnier, come parli? Non ti accorgi che stai
bestemmiando?
REGNIER Ma no, era solo un paragone! Dovreste leggere le ultime poesie di
François.
ISABEL (con vera o finta ingenuità) Ha finito il poema del “Pet-au-Diable”?
VILLON Ma no, ma no.....sto scrivendo altro.
CATHERINE Scrivi quanto vuoi, ma non quando hai appuntamento con me, intesi?
ISABEL Mi sembra una proposta ragionevole.

VILLON Ti prometto che d’ora in poi cambierò vita....Mi dedicherò solo a te e
alla poesia....Volete sentire i miei ultimi versi?
REGNIER (con entusiasmo) Ma certo, François!
ISABEL Sì, sì....
CATHERINE Non ci saranno oscenità, spero.
VILLON Ascolta e giudica.
Canta
All‘improvviso, mentre sto scrivendo,
solo soletto e pieno d’energia
componendo i miei versi e meditando
mi afferra una gran malinconia:
da presso, alla Sorbona, sta suonando
il campanone dell’Ave Maria.
Ed ecco che di scrivere sospendo
e mi metto a pregare, in armonia
con me stesso, con Dio e col Creato.
I ragazzi battono le mani, Catherine è commossa, lo bacia.
ISABEL Lo vedi che François è un buon ragazzo, come il mio Régnier?
CATHERINE Quando vuole sa essere adorabile....
L’idillio è interrotto dall’arrivo di un chierico, un prete che ha avuto
gli ordini minori, che investe minacciosamente Villon. E’ Philippe
Sermoise.
SERMOISE Finalmente ti trovo, delinquente! Non vedo l’ora di darti una buona

lezione!
VILLON (ironico) In quale materia, padre? Io non vi conosco.
SERMOISE Ma hai conosciuto la mia donna, puttaniere! Rinnego Iddio se non
ti ammazzo!
Estrae fulmineo la daga , Villon si scosta ma viene ferito leggermente
al viso. Villon estrae un pugnale e fa cenno ai suoi amici di andare via,
non vuole che siano coinvolti in una rissa e nello scandalo.
I tre arretrano, rimangono a fondo scena ad assistere alla scena.
Il chierico non deve essere un grande esperto di spada: dà un colpo
maldestro a Villon che lo evita con facilità e affonda il suo pugnale nel
petto del prete che stramazza al suolo, colpito a morte.
Villon fugge via, con le due ragazze. Entra un gendarme, che si precipita
verso il chierico morente. Régnier si finge passante, va a curiosare.
SERMOISE Gendarme, riferite che intendo perdonare al mio uccisore, François
Villon, per certe ragioni che non voglio rivelare.
Spira tra le braccia del gendarme. Régnier si allontana.
La scena si oscura. C’é solo una lampada sul bancone di Margot, che
sta rigovernando, nella Taverna della “Pomme-de-Pin”, dopo che
l’ultimo avventore è uscito.
Entra Villon, solo, ferito e disperato.
VILLON Margot!
MARGOT François! Che ti è successo? Cosa hai combinato, stavolta?
VILLON Ho ucciso un prete.

25
MARGOT Santa Maria Maddalena!
VILLON Ma non è stata colpa mia! Io ho dovuto difendermi! Un tale, che neanche
conoscevo e che doveva avermi preso per qualcun altro, ha tirato fuori la
la sua daga e voleva uccidermi. Io avevo solo il mio pugnale. Glie l’ho
piantato nel cuore. Adesso non so dove andare. Se torno a casa, verranno
a beccarmi i gendarmi.
MARGOT (d’impulso) Resta qui. Mio marito, lo sai, non scende mai....Ma...tu perdi
sangue!
VILLON Niente, è una ferita di striscio.
Senza replicare, Margot esce. Ritorna subito dopo, con un pagliericcio
e una coperta, che mette sulla panca, e con delle bende con le quali
fascia il collo di Villon.
Ma...come farò a nascondermi?
MARGOT La notte, quando tutti se ne sono andati, dormirai qui. Il giorno ti chiudo
nello stanzino dei viveri. C’è un tavolo. Ti porterò carta e penna per
scrivere. Tranquillo, qui starai al sicuro.
VILLON Grazie, Margot! Sei la mia salvatrice! Tu sei come Calipso, che raccolse
Ulisse nella spiaggia della sua isola e lo mantenne per sette anni.
MARGOT Spero di poterlo fare per molto tempo meno....
Ridono. Si abbracciano. Si gettano sul letto improvvisato e fanno
l’amore.
Musica: tema di Calipso.


QUARTO QUADRO
Villon è nel suo studio. Scrive, seduto al suo piccolo tavolo.
Entra Catherine, torva, bellicosa.
CATHERINE E così sei tornato a casa.
VILLON (felice, cerca di abbracciarla) Catherine, unica rosa del mio roseto!
CATHERINE (glaciale, lo allontana bruscamente) Lasciami stare. Puzzi ancora di
taverna. Ho saputo che in questi sette mesi sei rimasto nascosto da lei,
da quella puttana di Margot.
VILLON Non è una puttana. E’ una che lavora. E da quando è rimasta vedova, fa
tutto da sola. E’ vero, mi sono imboscato da lei. Cos’altro potevo fare?
Venire a casa tua, dalla tua famiglia borghese e rispettosa della legge? Io,
un assassino? Così, almeno, ero considerato allora. Ma il mio buon Don
Guillaume ha ottenuto la recessione dal Re! E adesso sono libero, tutto
può ricominciare tra noi, Catherine! Vedrai, cambierò vita. Farò
l’Avvocato. O insegnerò Diritto. Metterò a frutto la mia licenza. E la
testa a partito.
CATHERINE Tu sei libero, ma io non lo sono più. In tutto questo tempo non ti sei
degnato di darmi tue notizie.Per me potevi anche essere morto. E lo sei,
nel mio cuore. Sono venuta a dirti che ti ho lasciato, François. Mi sono
fidanzato con un altro. Presto mi sposerò.
VILLON Non è vero! Dimmi che è solo uno scherzo di pessimo gusto!
CATHERINE Riservali ai tuoi amici, gli scherzi.
VILLON Ma perché lo hai fatto....E con chi?

CATHERINE Con Noël Dunoyer.
VILLON Con Noël? Quel baciapile? Quel chierichetto? Quel gracilino?
CATHERINE E’ un ragazzo di ottima famiglia. Studia e va a messa ogni mattina.
Non frequenta le taverne malfamate, i ladri, le cosiddette “filles de joie”,
come se prostituirsi fosse una gioia. E non ha ucciso nessuno.
VILLON Sei ingiusta, Catherine! Sai bene che ho dovuto difendermi, quel prete
pazzo voleva ammazzarmi come un cane!
CATHERINE(senza sentirlo,prosegue)E come se non bastasse, vivi con la tua amante.
VILLON Ma non è la mia amante! Mi ha solo accolto in casa sua!
CATHERINE E nel suo letto.
VILLON Non era un letto. Era una panca della taverna, con un pagliericcio sopra.
CATHERINE Lo vedi che lo ammetti, che era la tua amante?
VILLON Sono sincero, con te. Lo ammetto. Lei faceva con me quello che tu non
hai voluto fare. Era la mia amante, ma non era la mia amata!
CATHERINE Questi sofismi sono vecchi, François. Non siamo ai tempi dell’amor
cortese. Non mi incanti più.
VILLON Io t’ho incantato! Tu mi hai stregato con i tuoi bisbigli amorosi, con i
tuoi baci di fuoco e i tuoi casti abbracci! Non mi dicevi di sì, ma
non mi dicevi neanche di no, e quando ci avvinghiavamo eravamo una
cosa sola! Dunque era solo un finta? Mi abbandoni alla mia prima
disgrazia? Tu... mi hai lasciato credere che la cenere fosse farina. Che un
feltro fosse un cappello da magistrato. Che un ferro vecchio fosse un
peltro. Che un ariete fosse un mulino a vento. Che un abatino fosse un gentiluomo.....

CATHERINE Le mie sono parole, François. I tuoi sono versi truccati da parole. Io
rinnego il mio amore. Sarei una folle se seguissi la tua vita. Mi sposo
e ne esco per sempre. Addio.
Esce. Villon, affranto, quasi in lacrime, scrive furiosamente. Poi, con il
foglio in mano,canta.E’ la chiusa del primo dei suoi “Lais”,i “Lasciti”.
VILLON L’anno Cinquantasei del Quattrocento
io, François Villon, povero “scolare”,
nella morta stagione del Natale
quando i lupi si nutrono di vento
e si sta chiusi in casa, al focolare,
voglio spezzare alfine la prigione
che a pezzi il cuore mi faceva andare.
Era, il sembiante suo, un guiderdone

che m’accendeva i sensi, come in sogno.
Non ha creduto ai miei proponimenti,
m’ha lasciato nell’ora del bisogno,
e, altera, ha dileggiato i miei lamenti.

Rinsecchito come aringa di Boulogne,
quell’altro, nel suo letto, si tormenti.
Me ne andrò presto, a Blois od in Bourgogne.
Voglio impiantare altrove i miei sarmenti.

Entrano Régnier de Montigny e Colin de Cayeux. Si abbracciano.
REGNIER Eccoti alfine! Ci sei mancato molto!
COLIN Vergogna! Non ti sei fidato neanche di noi, non ci hai detto che
t’eri nascosto nello stanzino dei viveri della Taverna!
VILLON E allora? Almeno mangiavo...No, davvero, scusatemi. E’ vero che
non mi sono fidato. Ma a ragione. Sapete cone sono gli uomini, quando
sono ubriachi. Possono dire di tutto. E voi ogni sera eravate sbronzi.
Risate. François si fa subito triste.
Sapete? Catherine mi ha lasciato.
REGNIER Lo sapevamo. Cosa vuoi: le donne non hanno il senso della distanza.
Se scompari alla vista, scompari dal loro cuore.
VILLON Non vuole più spartire con me le sue grazie. S’è fidanzata con un
altro. E io muoio per lei, anche se sono sano. Sono un amante martire,
della schiera dei santi dell’amore. Per questo voglio andarmene da
Parigi, se la rivedo, mi si ferma la pompa del cuore.
REGNIER Cosa stai scrivendo? Falsi lamenti d’amore in prosa?
VILLON No, dico davvero. Odio Parigi. Voglio andare a coltivare orticelli fuori
delle mura.
COLIN (che ha colto l’allusione oscena) Ah, ecco. Ora ti riconosco. Comunque,
se devi andartene, te ne andrai dopo.
VILLON Dopo cosa?
REGNIER Colin ha avuto un’idea meravigliosa. Meglio d’una ispirazione poetica.
VILLON Sentiamo.

COLIN Come stai a soldi?
VILLON Sono nudo come un baco da seta. Senza seta. Non mangio né fichi
né datteri. Non vedete come mi sono ridotto? Sono secco e nero come
un palo da sbraciare il forno. Ho solo pochi centesimi. E presto saranno
finiti.
REGNIER Bene. Abbiamo proprio quello che fa per te.
COLIN L’idea è semplice e ingegnosa. Vale cinquecento scudi d’oro.
VILLON Cinquecento scudi d’oro? C’è da far carnevale per un anno!Avanti,
l’idea!
COLIN Ecco. Entriamo in un giardini abbandonato, che confina con il
Collegio di Navarra. Scavalchiamo un muro e siamo davanti alla
porta del Collegio. So per certo, da un amico, che in una certa sala c’è
il tesoro.
VILLON Ma non c’è nessuno, al Collegio di Navarra?
COLIN Sono tutti fuori. E i guardiani staccano a mezzanotte.
VILLON Ma come facciamo a entrare? E poi, i 500 scudi d’oro saranno in un
forziere, no?
COLIN Giusto. Ma con noi ci sarà Petit-Jean. E’ il ladro più famoso di Parigi.
REGNIER Sai come lo chiamano? Il Re del grimaLdello. Aprirà la porta e la
cassaforte in un baleno, come spaccare un panetto di burro con il coltello.
VILLON Quando sarà?
COLIN Stasera stessa.
REGNIER Passata mezzanotte. Allora ci stai?

VILLON La fame fa uscire il lupo dal bosco. Ci sto.
I tre si stringono le mani.
E se tutto va bene, ci vedremo domani sera da Margot. Poverina, ho
una montagna di debiti con lei.
REGNIER La pagherai fino all’ultimo centesimo. Faremo la più grande bisboccia
della storia del quartiere.
COLIN Mercier...
VILLON A proposito, dov’è?
COLIN Ci aspetta fuori. François, hai dimenticato che...
VILLON Già. Il fetore. Ci sarà anche lui, stanotte?
REGNIER Ci farà da palo, in giardino. Se entra nel Collegio ci arrestano domattina.
Ridono, euforici. Si abbracciano. Régnier e Colin escono.
Musica: Tema dei “Lais”, che ha una cadenza brechtiana.
QUINTO QUADRO
La Taverna della Pomme-de-Pin è gremita di gente. Ci sono attori già visti nei loro
personaggi e attori-doppioni, del tipo del prete Sermoise, ucciso da Villon, ora
trasformato in ricco borghese. Margot, per l’occasione, ha preso un’ assistente, la prostituta Marion l’Idole.E’ Isabel,l’ex studentessa che ha lasciato gli studi e fa la vita.
VILLON (ai presenti, salendo su una panca) Signori e non signori, signore, signorine et “filles de joie”, e tutti voi presenti, vino Bordeaux nero per tutti!
REGNIER Stasera offriamo noi!

Applausi e commenti a soggetto dei presenti. Villon lancia a Margot uno
scudo d’oro, subito afferrato al volo. Margot e Marion cominciano a
versare vino a tutti, lasciando le bottiglie sul tavolo.
Régnier e François vengono in primo piano, lontani dalla gente.
REGNIER Quando parti, François?
VILLON Domattina alle sei.
REGNIER Con Jean, il postiglione?
VILLON Ma quale postiglione! Niente diligenza! Parto a cavallo, con il mio cavallo.
REGNIER Ti sei comprato un cavallo? Sei pazzo. Per non parlare dei debiti che hai saldato a Margot. E questa festa, poi... Stai dando fondo al gruzzolo che t’è spettato dalla ripartizione dei 500 scudi d’oro. Lo fai vedere a tutti, che sei pieno di soldi. Prima o poi, qualcuno sospetterà.
VILLON Ma chi vuoi che sospetti? Al Collegio di Navarra nessuno s’è accorto della sparizione del malloppo. Figurati quanti ne hanno, di forzieri pieni! Comunque, voglio andarmene da questa città.
REGNER Dove andrai?
VILLON Ad Angers, forse. Lì ho uno zio ricco e conosco un frate che è ciuco quanto ricco. Grattargli un po’ d’argent sarà uno scherzo. O in giro. O a Blois, alla corte del Duca Charles d’Orléans. Il mio buon padrino gli ha mandato le mie poesie. Il Duca vuole conoscermi. Insomma, ho diverse

prospettive.
Un attimo d’esitazione.
REGNIER Posso venire con te?
VILLON (sorpreso) Ma...la tua famiglia? Tua madre? La tua Isabel?
REGNIER Oh, me ne fotto. Mi disconoscono tutti, ormai. Sono la pecora nera.
VILLON Posso prenderti sul mio cavallo, se vuoi. Oppure te ne compri uno,
come ho fatto io.
REGNIER Magari. Non ci arrivo. Ci ho dato un po’ sotto, oggi....
VILLON E dicevi a me....
UNA VOCE Ragazzi! Siete voi che offrite, non volete dirci che cosa si festeggia?
COLIN Venite qui, cosa state lì a confabulare!
VILLON (ignorando Colin) E’ doppia festa, signori e damigelle! Celebriamo
il riconoscimento della mia innocenza per la morte del prete. Ho in tasca
la lettera di remissione del Re.
REGNIER E festeggiamo la nostra partenza da Parigi!
MERCIER Te ne vai anche tu, Régnier?
REGNIER Sì. Questa città, ormai, è diventata una cloaca. Un covo di malviventi
e di poltroni. Non dimenticate che solo pochi anni fa Gilles de Rais,

soldato valoroso fatto Maresciallo dal Re, ha ucciso centoquaranta
bambini per succhiargli il sangue e offrirli al diavolo...
VILLON E in quanto ai soldati fanfaroni, vi siete dimenticati del celebre guerriero
Philipot,che appena sentiva un “Chi va là?”,subito gridava:”M’arrendo!”?
Risate.
E che quando si trovò in mezzo ai Francesi, agli Inglesi e ai Borgognoni che si combattevano fra loro, si mise a strillare: “Viva i più forti!” ?
Nuove risate.
COLIN Régnier e François hanno ragione. Ma dimenticano i preti, vil razza
dannata , che nascondono daghe sotto la tonaca, rubano, ammazzano e
vanno a puttane....Potessi andarmene anch’io da questo putridume. Ma
ho moglie e figli.
VILLON Noi siamo peccatori, non diciamo di no. Ma che facciamo? Cantiamo
canzoni oscene, come in tutte le Università d’Europa, facciamo scherzi
come quello del “Pet-au.Diable”, ci divertiamo con le donne...Niente di
male. Parigi è troppo corrotta per noi.
COLIN Riprendiamo la festa. François , ci hai promesso di cantarci le tue nuove
poesie, “ I Làsciti” . Ti accompagnerà Vincent con la fisarmonica, vero,

Vincent?
VINCENT Certo, ragazzi. Sono pronto.
Tutti fanno cerchio intorno a Villon, che è salito su una panca e canta,
accompagnato dalla fisarminica di Vincent .
VILLON Mi ha respinto lo sguardo di colei
che io amavo, anche se immatura.
Muoian Sansone e tutti i filistei!
In asso mi ha lasciato! E’ cosa dura!
Chi mi ha fatto ingoiare questo rospo
se non la bella Katrìn de Vausselles?
A tutto per fuggir sono disposto:
pure a ballar pavane e tarantelle!

Addolorato parto, però, in primis
il “Lascito” che ho messo per scritto
in nomine Patris , Filii et Matris,
lascio a Guillaume: m’ha dato nome e vitto,
e m’ha fatto studiare. La mia fama

risuoni per onore nel suo nome.
Item, lascio a Katrìn, pia donna grama,
i resti del mio cuore ormai in coma.
Applausi.
Item lascio in dono a Jean Cardan
due oche grasse in vendita ai mercati
e dieci botti vuote di vin blanc.
E pure due verbali non pagati.
Lascio a Mercier, amico graveolente,
una pelle di zecca per ricambio
ed a Colin, “scolare” negligente
quattro ducati falsi, per il cambio.
Applausi
Item lascio a Robin, il mio barbiere,
le spuntature tolte ai miei capelli,
al ciabattino Arthur, ch’è un po’ ciarliero
lascio le scarpe vecchie e le pianelle.
Al robivecchi lascio i miei cappotti

ridotti troppo male anche per me.
Alle beghine immonde e ai frati ghiotti
non lascio niente, non lo so perché.

Nel mille quattrocento cinquantasei
l’ormai noto François detto Villon
che non ha franchi né tàlleri né sghei
ed è soltanto un povero “couillon”
negro e magro come uno scopino
tutto ha lasciato ai suoi amici più stretti.
Ormai non mi rimane che un quattrino
per il mio viaggio e per i miei diletti.
Grandi applausi finali e grasse risate.
SESTO QUADRO
Corte di Blois. Sulla pedana si sta svolgendo la parte finale della famosa “Farce de Maître Pathelin. L’avvocato,Pathelin, che è interpretato da Régnier, parla con il suo assistito, il pastore Agnelet, prima che la causa abbia inizio.Al di fuori della pedana, siede solitario e leggermente annoiato, su una poltrona sfarzosa, d’oro e di velluto rosso, Charles d’Orléans, Duca e Re dell’Orléanais, ancora indipendente dalla Francia. Accanto a lui, lindo e pinto, compassato e compunto, siede Villon

Sono in scena Pathelin, l’Avvocato, e Agnelet, il suo assistito.
PATHELIN Ho capito. Non vi preoccupate. Ci penso io. Chi vi ha denunciato?
AGNELET Mastro Guillaume, quello che vende le stoffe al Marché de Notre Dame.
PATHELIN (tra sé ) Porco diavolo! Gli devo sette scudi per quella stoffa di montone...
AGNELET (che sembra del tutto tonto) Avete anche voi dei montoni?
PATHELIN No, non avete capito. Fa niente. Voi dovete fare esattamente quello che
vi dico io. A ogni domanda che vi faranno, rispondete: Bèè! Nient’altro.
Penseranno che siete uno sprovveduto, che pensate solo ai montoni.... Bèe! Ripeti!
AGNELET Bèe! Bèe! Giuro che non dirò altro.
PATHLIN Bravo. In quanto al mio compenso, mi bastano sei scudi d’oro.
AGNELET Pagherò, ve lo assicuro. E vi darò altri scudi se mi tirate fuori dai guai!
Entra il Giudice, va a sedersi nella panca dietro il tavolo. Il Drappiere e il Pastore siedono alle due estremità dell’altra panca. Pathelin si intabarra nella sua palandrana nera e si calca il cappello nel capo per non farsi riconoscere.
PATHELIN Buon giorno, signor Giudice. Io difendo il pastore Agnelet.
GIUDICE Bene, Maître Pathelin. Cominciamo subito, ho molta fretta.Ma
perché vi coprite? Avete mal di denti?

PATHELIN Sì, Signor Giudice. Ho un ascesso che mi fa vedere le stelle.
GIUDICE Vi capisco. Anch’io ne soffro spesso. Ma procediamo. La parte lesa
esponga i fatti.
DRAPPIERE Signor Giudice, il mio Avvocato è impegnato in un’altra causa, ma
sarà presto qui. Vogliate pazientare per qualche minuto...
GIUDICE Ma io non paziento affatto! Anzi, la sto perdendo, la pazienza! Vi ho
già detto che ho fretta.Il vostro avversario è qui, possiamo cominciare.
Dunque, voi avete fatto causa al qui presente pastore Agnelet!
DRAPPIERE Sì, signor Giudice. ho scoperto che uccideva a bastonate i miei montoni
e poi li vendeva come carne. A me diceva invece che erano morti di non
so più quale malattia. Ma non era vero! Mi truffava!
GIUDICE Era un vostro dipendente? Gli passavate una paga? Potete dimostrarlo?
PATHELIN Se non potesse dimostrarlo, sarebbe grave.
DRAPPIERE Un momento....vi riconosco! Voi siete l’Avvocato Pathelin, quello che è venuto nel mio negozio e mi ha comprato sette metri di buon drappo di montone per sette scudi d’oro!
PATHELIN(al giudice, coprendosi) Scusate ,signor Giudice, quest’uomo vaneggia.
Io non l’ho mai visto!
DRAPPIERE Io invece vi conosco benissimo. Vi ho venduto sette metri di buona

lana di montone! E quando sono venuto a prendere i soldi a casa vostra
casa vostra, vi siete finto morente!
GIUDICE Per favore! Torniamo ai nostri montoni! Quanti ne ha presi?
DRAPPIERE Sette metri!
GIUDICE Sette metri di montone? Mi prendete per un idiota?
Basta! Se continuate a divagare, chiudo il dibattimento!
PATHELIN Avete ragione ,signor Giudice. Quest’uomo sragiona. O lo fa
apposta a prenderci per scemi. Forse è meglio che gli diciate di
starsene zitto. E facciate parlare l’imputato. Per accelerare le cose...
GIUDICE Avete ragione!
Al pastore Agnelet, che accresce la sua espressione idiota.
Venite qui, voi! Alzatevi.
AGNELET (avvicinandosi) Bèe!
GIUDICE Che risposta è questa? Dove credi di stare, a pascolare le pecore?
Parla, se non vuoi che mi arrabbi!
AGNELET Bèe!
GIUDICE Vuoi prendermi in giro?
AGNELET Bèe!

PATHELIN Perdonatelo, signor giudice. E’ un povero pastore ignorante, ma è
buonissimo! E’ incapace di fare del male! E questa storia dei montoni...
DRAPPIERE Porco Giuda, Avvocato! Siete proprio voi quello che m’ha turlupinato!
E se sapeste con quanta furbizia, signor Giudice....
GIUDICE Credete che mi diverta, a sentire storie che non hanno attinenza con il
processo? Ritorniamo ai nostri montoni!
DRAPPIERE Cercherò di essere chiaro! Dunque, lui ha comprato la mia lana di montone , buona e morbida, signor Giudice, ma non l’ha pagata....Mi
ha preso i miei montoni e li ha uccisi per venderli ...Mi aveva promesso
sette scudi d’oro, no, mi sto sbagliando...Riassumo. Da tre anni il pastore
lavorava con me e non sapevo che ammazzasse i miei montoni....invece
lui s’è preso sette metri di lana di montone e i sette scudi non me li ha
dati...Questo delinquente mi rubava la stoffa, ma i montoni erano sani...
GIUDICE Basta! Voi parlate a vanvera! Vogliamo ritornare ai nostri montoni o no?
PATHELIN Questo povero contadino, ignorante ma onesto, non può parlare...Ma io
devo difenderlo!
GIUDICE Vi siete preso un cliente ben stupido, Maître! Non ne ricaverete niente.
PATHELIN Ma io la faccio gratis, questa causa!! Per pura carità! E per mandarla avanti, per non farvi perdere tempo. Tu parla, Agnelet, per l’amor di Dio!

AGNELET Bèe!
GIUDICE A me pare idiota dalla nascita.
DRAPPIERE Assai meno di voi, signor Giudice, con tutto rispetto....
GIUDICE Come vi permettete di insultare la Corte? Vi costerà caro! In quanto a
me, ne ho abbastanza, Il processo è chiuso! Agnelet è assolto!
Esce, arrabbiatissimo.
DRAPPIERE ( a Pathelin) I due ladri in libertà! Oh che giustizia ingiusta!
Se ne va. Pathelin va da Agnelet, tutto contento.
PATHELIN Hai visto come ha funzionato il mio marchingegno? Sei libero!
AGNELET Bèe!
PATHELIN(ride) Sei stato bravissimo. Ma ora tira fuori i miei scudi.
AGNELET Bèe!
PATHELIN Va bene, ma ora basta. Credo che sei un onest’uomo. I miei scudi, ora.
AGNELET Bèe!
PATHELIN Andiamo, smettila con questa farsa! I soldi!
AGNELET Bèe!
PATHELIN Non fare il furbo con me, capito?
AGNELET Bèe!

PATHELIN I miei scudi, bestia!
AGNELET Bèe! Bèe! Bèe!
Scappa via. Pathelin rimane in asso. Applausi leggeri, discreti ed eleganti, del Duca, entusiastici quelli di Villon. Gli attori ringraziano ed escono. Due servitori portano la poltrona di velluto rosso sulla pedana e coprono il tavolo con una tovaglia damascata. Nel frattempo è entrata Marie d’Orléans, moglie dell’anziano Duca.Marie d’Orléans, diversamente truccata e con un abito assai fantasioso, è interpretata dalla stesa attrice che fa Margot.

MARIE Vi siete divertito, caro Charles?
CHARLES Moderatamente. Ormai la conosciamo a memoria, la “Farsa di Maître
Pathelin”. Ma il nostro ospite, François Villon, figlioccio del buon
Don Guillaume, parroco di Saint Benoît, a Parigi, sembra aver gradito
questa annosa farsa, scritta a Napoli da Adam de la Halle, nel.....
VILLON .....1285, Maestà. In effetti, non mi stanco mai di vederla.
CHARLES Ho letto le tue poesie, giovanotto. E le tue ballate hanno un buon ritmo.
Mi ricordano in qualche modo alcune mie composizioni.
VILLON E’ possibile, Maestà. Spesso le ho tenute come esempio. Dicono che non
si sbaglia mai, ad avere presente un buon modello.
Régnier si è spogliato degli abiti da attore, e si presenta con grazia,

REGNIER François è il più grande poeta francese. (gelo fra di presenti) Dopo di voi, naturalmente, signor Duca.
CHARLES Voi dovreste essere Régnier de Montigny. Conosco la vostra nobile famiglia. Siete bene accolti, qui a Corte. Potrete trattenervi tutto il tempo che vorrete. E mi auguro che Villon partecipi ai nostri certami poetici.
VILLON Ne sarò onorato.
CHARLES In questo antico castello di Blois abbiamo deciso di vivere al meglio la nostra vita, tra balli, poesie e canzoni. Come sapete, ferito alla battaglia di Azincourt, sono rimasto prigioniero in Inghilterra per ben venticinque anni. Un giorno, a Dover, vidi la riva della Francia, dall’altra parte del mare. E mi tornò in mente la mia vita, le mie “très belles heures de France”, i miei dolci piaceri. Fu allora che caricai la nave della Speranza di tutti i miei desideri, pregando Dio di portarli oltremare. I miei voti furono esauditi, e fui liberato. Da allora odio la guerra: la pace e l’armonia spirituale sono due doni che non finirò mai di apprezzare.
VILLON Su questo tema avete scritto la bellissima “Ballata dell’esiliato”.
CHARLES Bravo, giovanotto. Le conoscete davvero, le mie fantasie.
VILLON Le amo. Mi piacerebbe sentire anche uno dei vostri celebri “rondeaux”.
CHARLES La mia voce non è più in grado di cantarla. Ma quella della mia Marie
è ancora intatta. Ti prego, cara: vuoi accontentare il nostro colto ospite?
Maria fa un segno di gentile assenso. Tutte le canzoni di questo quadro sono accompagnate da musica su base registrata,sotto forma del melologo.Qui la base è a

tutta orchestra. Maria canta un “Rondeau” di Charles d’Orléans.
MARIE Al mondo sono odioso
quanto m’è odioso il mondo.
Gira, non sempre in tondo,
è triste ed è noioso.
E’ vero, sono astioso,
turbato e iracondo:
al mondo sono odioso
quanto m’è odioso il mondo.
Non ne vado orgoglioso.
Il buon umore, in fondo
è cosa rara al mondo.
Essendo io bizzoso,
tristissimo e accidioso,
al mondo sono odioso.

Di maggio è il primo giorno:
mi alzo e mi adorno
allo spuntar del giorno:
vo’ come un perdigiorno
nel giardino qui intorno
dove penso e m’aggiorno.
Dio sa quanto al ritorno

di primavera adorno
penso quasi ogni giorno.
C’è il gelo, mi frastorno
e tutto è disadorno:
cupo è il cielo e piovorno.
In mano ho uno storno
morto di freddo il giorno
primo maggio. Buongiorno!

I presenti applaudono con entusiasmo i versi di Charles D’Orléans. Marie d’Orléans
si inchina e dice a suo marito:
MARIE Il Duca d’Orléans mio consorte , come è noto, è un uomo felice e amato:
ma quando scrive versi, come tutti i grandi poeti, si dice privo di virtù.
CHARLES Quasi sempre le nostre virtù sono vizi nascosti. Ma bando alla tristezza.
Iniziamo stasera un certame poetico, vista la presenza dei nostri ospiti.
Io ho cominciato. Ora tocca a voi.
Si fa avanti Diane, dama di compagnia di Marie D’Orléans.
La musica registrata è a base di archi. Viole, violini, mandòle.
DIANE (canta dei versi di Ronsard, che è tuttavia un poeta del Cinquecento,
tanto per l’esattezza, anzi, per l’inesattezza storica.)
Mignonne, allons voir si la rose
qui ce matin avait déclose
sa robe de pourpre au soleil
a point perdue, cette vêprée

les plis de sa robe pourprée
et son teint au vôtre pareil.

Las! Voyez comme en peu d’espace,
Mignonne, elle a, dessus la place,
Las! Las! Ses beautés laissé choir!
O vraiment marâtre Nature
puisqu’une telle fleure ne dure
que du matin jusqu’au soir.

Donc, si vou me croyex, mignonne,
tandis que votre âge fleuronne
en sa plus verte nouveauté,
cueillez, cueillez votre jeunesse:
comme à cette fleur la vieillesse
fera ternir votre beauté!
Applausi. Si fa avanti Régnier che non ha tolto gli occhi da Diane, ricambiato dai suoi sguardi benevoli e maliziosi. Régnier risponde a lei, cantando. Questa volta la base è di solo violoncello. Anche questa canzone è una famosa poesia di Ronsard.
REGNIER Quando sarete vecchia, accanto alla candela
e al focolare, a lume di candela, filando
direte, un po’ stupita, i versi miei, cantando:
Régnier mi celebrava al tempo ch’ero bella.
Diane sorride, compiaciuta. Régnier ha cambiato il nome “Ronsard” con il suo.

Vi accorgerete che la serva, ascoltando,
sonnecchierà, dal suo lavoro ormai stremata.
Chissà che al mio nome non si vada risvegliando
e vi benedica, poiché foste tanto amata.

Io sarò sottoterra, fantasma senz’ossa,
tra le ombre dei mirti, nell’Ade riposando.
Voi sarete, al camino, una vecchia commossa

rimpiangendo il mio amore e il vostro fiero sdegno.
Vivete, se volete, senza alcun ritegno,
cogliete fin da oggi le rose della vita!
Applausi. Diane si avvicina a Régnier, si complimenta con lui. Si fa avanti Villon, che sarà accompagnato dalla piena orchestra per la sua “Ballata delle Contraddizioni”.
VILLON Muoio di sete presso alla fontana
e caldo come il fuoco tremo tutto.
Sono venuto qui, in terra lontana
presso il braciere tremo, tutto ardente.
Sono nudo e vesto da presidente
rido piangendo senza più speranza
Mi riconforto solo per burbanza
Mi rallegro con me, senza piacere,
sono potente ma non ho potere.

Niente m’è certo se non cosa incerta
m’è oscuro tutto ciò che è evidente,
ho dubbi solo sulla cosa certa,
la scienza, per me, non è che incidente,
Guadagno sempre e sempre son perdente,
dico al mattino “ Salve, buona sera “!
Giaccio sul dorso e temo di cascare
ho quanto basta e non posseggo un soldo,
Mi credo erede e voglio ereditare
ma son solo un onesto manigoldo
da tutti ricevuto e rifiutato.
Nobile Duca, vi faccio sapere
che sono colto ma non ho sapere:
son ribelle e soggetto ad ogni legge.
Voglio riprender tutto ciò che ho dato.
Da tutti ricevuto e rifiutato.
CHARLES (alza la mano, ferma l’applauso)Il certame è finito. Do la palma a

François Villon, anche se la sua poesia mi fa pensare più allo zirlo del
merlo che al trillo dell’usignolo.
VILLON Siete troppo clemente, Maestà. C’era anche la vostra ballata, in gara.
CHARLES Sappiate, giovanotto, che molto spesso la clemenza del Principe è
solo una politica per guadagnarsi l’affetto della gente. Ma ora basta.
Andiamo a cena.

SETTIMO QUADRO
Esce, seguito dai presenti.Cambio di luci. Mentre tutti escono, i camerieri tolgono dalla scena la poltrona di velluto del Duca e la tovaglia damascata. Nel frattempo, con effetto sorpresa, entra sulla sinistra una megera che apre una porta nella parete, con la facciata verso il pubblico, che delimita la scena della prigione di Meung. Porta con sè due pagliericci, due mucchietti di fieno chiusi in una tela di juta, e li getta a casaccio per terra. Entra Villon. indossa solo pantaloni e una camicia sporca. E’ stravolto e spettinato. La megera, che si chiama Marthe, lo squadra.
MARTHE Ecco il tuo letto, bell’e pronto, galantuomo. Come ti chiami?
VILLON François Villon, buona donna.
MARTHE Parti male. Non sono buona, e sono donna solo per chi mi va. Faccio
la vivandiera, in questo carcere di Meung. Curo la pancia dei detenuti,
all’anima pensano i preti.
Ride da sola, sguaiata.
VILLON Dal momento che mostrate di sapere tutto, qui dentro, sapete che cosa ci
faranno?
MARTHE Certo. O vi torturano a morte o vi spediscono dritti sulla forca.
VILLON Ah. E c’è da scegliere?
MARTHE Questo dipende da me. Come hai detto che ti chiami?
VILLON Sono François, e non me ne compiaccio.
Da Blois a Meung ora in prigione giaccio.
Presto, grazie a una corda lunga e tesa
saprà il mio collo quanto il culo pesa.
MARTHE (ridendo) Bravo. Delinquente e poeta.
Entra Régnier, anche lui sporco e stracciato, ma senza aver perso il suo
nobile aplomb. La Vivandiera lo guarda con aperta simpatia.
REGNIER (guardandosi intorno) Come alla Corte di Blois, eh, François?

MARTHE E tu chi sei? Un marchesino?
REGNIER Régnier de Montigny, Madame, per servirvi.
MARTHE Un nobile, dunque. Si vede dall’aspetto, ci avrei giurato. Com’è che ti
sei lasciato convincere da questo ladro sacrilego a rubare un candelabro
d’oro nella Cattedrale di Meung?
REGNIER A dire il vero, l’idea è stata mia.
MARTHE Ah, bene. E perché lo avete fatto?
REGNIER Avevo fame, François resisteva, ma io non ce la facevo più. Ho pensato
che, vendendo il candelabro, ci saremmo messi qualcosa nello stomaco.
MARTHE Invece vi siete fatti beccare come volpi prese alla tagliola.
REGNIER Lo ammetto, è stata un’idea folle. Ma la pancia ha ragioni che la ragione
non conosce.
MARTHE Non ti preoccupare. Tutti quelli che sono qui hanno avuto idee folli. Tu
mi fai simpatia, si vede che sei un aristocratico. Io ho servito per anni
presso una contessa, prima di finire in questo cesso di carcere....
Cercherò di risparmiarti la tortura, non vorrei rovinare il tuo bel faccino.
REGNIER Vi ringrazio. E allora, che cosa mi faranno?
MARTHE Niente. Ti appenderanno a una forca.
Esce. Régnier e François si buttano sui pagliericci, stanchi.
REGNIER Non avrei dovuto cacciarti in questo guaio.
VILLON Guaio più. guaio meno. E’ dalla Corte di Blois che non fai altro che
combinare guai.
REGNIER Perché ho sedotto Diane, la Dama di compagnia di Marie D’Orléans?


Come facevo a sapere che era l’amante del vecchio Duca?
VILLON Hai fatto di peggio. Le hai detto che le poesie di Charles d’Orléans
facevano schifo. E lei l’ha riferito alla Duchessa. E la Duchessa al Duca.
REGNIER Ma era vero, no?
VILLON No. Il “rondeau” che ha cantato Marie, con tutte quelle rime su poche
vocali finali, era un grande esercizio di abilità poetica.
REGNIER Passi. Ma le altre?
Rifà il verso ad un’altra poesia di Charles d’Orléans.
“ Il tempo ha lasciato il mantellino, /di vento, di piovasco e temporali/
e s’è messo vestiti ornamentali. / Non c’è bestia di terra né uccellino....”
Puah, che robaccia! Ce l’ha sempre con il tempo, il grande poeta! Che
sono, versi metereologici? E poi quel mantellino.,.quell’uccellino...Vuoi
mettere le tue poesie, François?
VILLON Non c’entrano le mie poesie! Hai mancato di tatto! E poi come t’è venuto
in mente di rubare una collana a Diane?
REGNIER Ma era una collanina!
VILLON D’oro.
REGNIER Va bene, dilla tutta! Vuoi dire che è colpa mia se ci hanno cacciati dalla
Corte?
VILLON Non direi che sia stata mia.
REGNIER Ma non hai capito niente di me! Io quell’ambiente di damerini smancerosi
e di damigelle vischiose lo conoscevo già e ne sono uscito! Non ne potevo
più! Dopo due mesi lì dentro mi sentivo soffocare....

VILLON A me sembra che Charles d’Orléans sia stato abbastanza generoso, con
noi. Ci ha cacciato, ma poteva sbatterci in galera a Blois!
REGNIER Invece ci ha mollati in mezzo alla strada, per cui ci siamo venduti il
cavallo, abbiamo fatto i vagabondi in mezza Francia, siamo morti di fame
e di stanchezza e siamo andati a riposarci nella Cattedrale di Meung....e in
galera ci siamo finiti lo stesso,va bene? Tutta colpa mia!E ora che ti sei
sfogato, ti sentirai meglio!
Si rivoltano nei pagliericci, in collera, l’uno di schiena all’altro. Régnier
ha freddo. Si frega le mani,si strofina il corpo. Poi canta: è il “Secondo
finale dell’Opera da tre soldi” di Brecht, musica di Kurt Weill.
REGNIER Voi che alla retta via ci esortate
e ad evitare il fango del peccato
prima di tutto fateci mangiare
e poi parlate pure a perdifiato.
Voi che alla vostra ciccia tenete e al nostro onore,
date ascolto, sappiatelo, è così:
solo saziato l’uomo può farsi migliore!
Pochi discorsi, il punto è tutto qui.
Della gran forma di pane una fetta
anche ai reietti e ai poverelli spetta.
Ahimé, di cosa vive l’uomo?
Solo assaltando gli uomini,
sbranando, depredando, torturando.
Nel mondo l’uomo è vivo solo a un patto:

quando scorda che a forma d’uomo è fatto.
Signori, fate a meno d’imposture;
l’uomo vive d’infamie e di brutture!
Villon, che da tempo si è voltato a guardare Régnier, ed ha anche lui freddo, gli sorride teneramente.
VILLON Fa freddo, Régnier. Uniamo i pagliericci. Ci scalderemo a vicenda.
Si abbracciano e si mettono a letto, tenendosi stretti.La luce si abbassa, scende fino quasi al buio. Poi la porta della cella si apre ed entra Monsieur Hon, il Boia. Ha con sé due tavolette di legno con due buchi ciascuna per far passare le gambe. E una morsa per stringere. Entra anche Marthe, la Vivandiera.
HON Con chi comincio, Madame Marthe?
MARTHE (indica Villon) Con lui.
A Villon, per consolarlo. Hon gli passa le gambe tra le due tavole.
Non preoccuparti, questo è solo il primo giro, per oggi. Domani ce ne sarà un secondo. Al terzo si muore, vero, Monsieur Hon?
HON Non sempre. A volte c’è stato bisogno di un quarto giro.
Hon comincia a stringere. Villon urla. Robert si morde le mani.
Hon stringe di più.
VILLON Oh Dio, mio buon signore, aiutami tu!
HON Ma via, ho appena cominciato...
Régnier piange, disperato. Marthe è impassibile. Villon urla, prega....
VILLON Povera madre mia...eri così povera che mi hai fatto adottare da un altro..
Ti prego, perdonami di tutto il male che ho fatto.....Se muoio do la mia
anima alla Trinità benedetta....Ahi!...che la consegni a te, Nostra Signora
Madre di virtù .....che la porti davanti al trono dei cieli....Ohohoh!!!
Con l’ultima stretta Monsieur Hon ha fatto il suo lavoro. Dopo aver

liberato Villon dalle micidiali tavolette, se ne va senza dire una parola, per lui è solo routine. Marthe, più pietosa, porta una caraffa d’acqua ed una pezza pulita ed esce. Régnier la bagna nell’acqua e pulisce le ferite insanguinate di Villon.
REGNIER Non è giusto che quella megera faccia torturare solo te....ora la chiamo,
le dirò che voglio lo stesso trattamento.Madame Marthe, per favore!
Rientra Madame Marthe.
MARTHE Cosa c’è, bel signorino? Avete sofferto per il vostro amico?
REGNER Sì! E volevo dire che...anch’io merito quello che è stato fatto a lui!
Chiamate il boia e fatelo lavorare sulle mie gambe!
MARTHE (intenerita e stuzzicata) Ma sarebbe un peccato.............. Rovinare le
gambe a un nobile giovane come te. Non se ne parla. In quanto al tuo
amico....posso solo ritardare il nuovo giro di tortura.
Villon, stremato dalla tortura e dal dolore, s’è assopito. Marthe gli lancia una rapida occhiata. Poi accarezza pesantemente Régnier.
Ma lo faccio per te, solo per te.....
Lo abbraccia e lo porta verso il giaciglio, spostandolo verso il muro.
Certo che se poi fai lo schizzinoso con me....
Régnier si lascia fare, passivamente. I due sono sul letto. Buio.
Quando torna la luce, Marthe è uscita. Villon dorme o finge di dormire.
Régnier va in su e in giù, nervoso, insofferente.
VILLON (apre gli occhi) Ho visto, sai, come ti sei sacrificato per me....Grazie.
REGNIER Non mi ringraziare. Sono io che ti caccio sempre nei guai.Ma non so,
non riesco più a capirmi. Mi sento...portato al male, naturalmente. Non
credo in Dio, non credo in me stesso, non credo nelle promesse e nelle

buone intenzioni...La mia vita è segnata. Se mai uscissimo vivi da qui,
ma non vedo come, le nostre strade si dividerebbero. Io mi assocerò alla
“Coquille”.Mi sento trascinato verso la malavita, l’abiezione è il mio
traguardo...Qui dentro, per esempio, sono compresso come un tappo
di vino schiumoso....sto per scoppiare. Se avessi un coltello ucciderei
quell’orribile creatura, Marthe...o quel carnefice ottuso...o anche te!
VILLON Ti capisco, ho già provato la tua attrazione. Ma penso sempre di
riprendermi, di arrivare a cambiare vita. Anch’io soffro la mancanza
di libertà. Se non ci fossi tu, mi ammazzerei.Ma i miei amici, cosa fanno?
Cosa fa Don Guillaume? Tutti ci hanno abbandonato....
Si alza a fatica, incerto sulle gambe schiacciate. canta.
Anche lui, come Régnier, è seguito dalla base. Melologo.
Abbiate pietà, pietà di noi, pietà di me!
Almeno voi, di grazia, amici miei
qui stiamo in un fossa, non sotto verdi fronde.
In questo esilio in cui ci ha spedito
la Fortuna avversa, come Dio ha voluto.
Fanciulle, voi che amate svelti giovanetti,
danzatori, acrobati e giocolieri,
rapidi come dardi, sottili come aghi,
e voi ragazzi dalle voci squillanti di campanelli
lo lascerete qui, il povero Villon?
Lo lascerete qui, il povero Régnier?
REGNIER Cantanti che cantate a piena gola,senza freno,

galanti, ridenti, piacevoli nei detti e nelle azioni,
Giramondo che vagate senza un soldo falso o vero,
gente d’ingegno, balordi, “coquillards”,
state aspettando troppo, qui si muore.
E voi, versificatori di mottetti e di rondò
che ci darete quando saremo morti, latte caldo?
Qui dove siamo non entra luce né alito di vento
e le mura ci stanno intorno come fasce strette.
INSIEME Lo lascerete qui, il povero Régnier?
Lo lascerete qui, il povero Villon?
La porta del carcere si apre. Entra Monsieur Hon con una doppia
tavoletta per le costole. Villon si nasconde in un angolo, spaventato.
Régnier è tentato di prendergli la tavoletta e di spaccargli il cranio...
quando entra urlando Marthe la Vivandiera.
MARTHE Un momento, Monsieur Hon! Fermo là! Charles Sept è morto e il suo
successore, Louis Onze che passa di qui, ha concesso amnistia a tutti!
Via, ragazzi! Siete liberi! Che aspettate? Non è uno scherzo! Non sentite
le campane a lutto? Il Re è morto, viva il nuovo Re!
HON Meglio anche per me. Lavoro meno e mi pagano lo stesso.
Régnier e Villon non hanno parole. Scappano, François è zoppicante.

 

 

SETTIMO QUADRO
Parigi 1461. Villon torna a casa. Guillaume, sorpreso:
GUILLAUME François! Benedetto figliolo! Ben tornato, finalmente!
Lo abbraccia, ma Villon non è in vena di smancerie.
Sono felice di vederti, ero così preoccupato! Cinque anni senza darmi tue
notizie! Vergogna. Dove sei stato in tutto questo tempo?
VILLON In giro per la Francia. Alla corte di Blois, ma anche nel carcere di Meung.
GUILLAUME Ancora in prigione? E cosa avevi fatto?
VILLON Niente. M’ero attirato l’odio di Thibaut D’Aussigny, il peggior vescovo
della Madre Chiesa.Mi ha fatto torturare,bere fino in fondo ogni vergogna
Che sia vescovo e benedica per le strade, non lo nego: che sia il mio
vescovo,lo nego e lo rinnego.Come lui mi ha trattato, che Dio così lo tratti!
GUILLAUME Ma vuoi dirmi che cosa avevi combinato, stavolta?
VILLON Io? Niente. Régnier de Montigny,per fame, rubò un candelabro d’oro
nella cattedrale di Meung. E io ne pagai le spese. E’ stato Re Louis Onze
che m’ha liberato e m’ha restituito alla vita, grazie all’amnistia.
GUILLAUME Un furto sacrilego è cosa grave. Ma conosco la durezza di D’Aussigny.
E’ stato anche un traditore. Quando ci fu la guerra con i nostri vicini, i
Borgognoni, lui passò dalla loro parte.
VILLON Dimmi, mio buon padre. Che n’è stato di Catherine de Vausselles?
GUILLAUME S’è sposata ed ha due figli. Dimenticala, figliolo.
Pausa. Villon s’incupisce.
VILLON E di Colin de Cayeux? E di Mercier?

GUILLAUME Mercier è a Montfaucon. Dicono che presto sarà mandato sulla forca.
Una sera, ubriaco, raccontò a un prete del furto al Collegio di Navarra.
Fu arrestato.
VILLON E ha fatto gli altri nomi?
GUILLAUME Sotto tortura, subito. Colin si nasconde mascherato e gira per
Parigi. La “Coquille” lo protegge.
VILLON E...Régnier de Montigny? Ci siamo lasciati mesi fa, all’uscita del carcere
di Meung...
GUILLAUME Anche lui s’è associato alla “Coquille”. E’ un delinquente nato, ruba
qua e là e si traveste in mille modi per non farsi riconoscere.
VILLON Mercier...ha fatto anche il mio nome?
GUILLAUME Sì, sciagurato figliolo. Ma non devi preoccuparti. Ho arrangiato le cose
con il Prevosto, il mio amico D’Estouteville. Pago un tanto al mese, fino
a raggiungere i cento ducati che sono stati la tua parte. Sei libero. Ma se
non righi dritto, il nuovo Prevosto, Villiers de l’Ile Adam, non avrà pietà.
E’ un uomo crudele. Se finisci di nuovo allo Châtelet, ti manda dritto
sulla forca.
VILLON E tu....stai pagando per me, Padre. Dovrei baciarti le mani per tutto
quello che hai fatto e fai per me, ma mi sono inaridito. Dove c’è povertà,
non ci può essere onestà. Io ho finito il mio secondo libro, “Il Testament”.
Mi resta solo quello. Sono un peccatore, lo so bene, eppure Dio non vuole
la mia morte. Ma sono povero e morirò nel peccato. Le montagne non si
spostano per un povero, né avanti né indietro.
GUILLAUME Ma ci sono io! Ti aiuterò, ti assisterò, ti farò prendere gli ordini

minori! Potrai insegnare, renderti utile, scrivere...
VILLON No, buon Don Guillaume. La mia parabola è finita con il “Testament”.
E in quanto a farmi prete, sono credente, lo sai. Ma non al punto da
entrare nella Chiesa.
Ha inizio qui un dialogo ritmato, accompagnato dalla musica, come un
duetto, o un “contrasto”, ma non di certo amoroso.
GUILLAUME Cos’hai, François?
VILLON Niente. Sono fatto così.
GUILLAUME Così come?
VILLON Così.
GUILLAUME Ti sei rinchiuso in te stesso. Sembri un cane nella tana.
VILLON Forse. Perché, mio buon Padre?
GUILLAUME Per la tua folle gioia di vivere.
VILLON Sono cose mie.
GUILLAUME Che mi dispiacciono.
VILLON Dispiacciono anche a me.
GUILLAUME E allora?
VILLON Lascia che pensi io a me stesso.
GUILLAUME Quando comincerai a pensarci?
VILLON Non lo so.
GUILLAUME Bene. Non aggiungo altro.
VILLON Farò a meno di quello che vorresti dirmi.
GUILLAUME Cosa pensi di fare, in futuro?
VILLON Voglio farmi strada nella vita.

GUILLAUME Hai trent’anni. Gli anni di un mulo.
VILLON Vuoi dire che non sono più un ragazzo?
GUILLAUME Appunto.
VILLON Dunque sono proprio matto.
GUILLAUME Direi.
VILLON Come succede?
GUILLAUME Come ti prende?
VILLON Qui, alla gola.
GUILLAUME Non capisco.
VILLON Mi sento come una mosca nel latte.
Questo è bianco, quella è nera.
GUILLAUME Ti vedo perso.
VILLON Resisterò.
GUILLAUME Bene, non aggiungo altro.
VILLON Farò a meno di quello che potresti dirmi.
GUILLAUME Da dove ti viene questo malessere?
VILLON Da dentro di me.
Da quando il cielo di Saturno
è passato sopra di me.
GUILLAUME Questa è follia pura.
Ti tiene e ti comanda.Sai cosa ha scritto Re Salomone?
“Uomo saggio, non negli astri è il fato, ma in te stesso.”
VILLON Non credo a Salomone.
Il mio destino è tracciato.

GUILLAUME Non dire sciocchezze.
VILLON La penso così.
GUILLAUME Bene, non aggiungo altro.
VILLON Farò a meno di quello che dovresti dirmi.
GUILLAUME Vuoi vivere?
VILLON Che Dio me ne dia la forza.
GUILLAUME Allora devi...
VILLON Cosa devo fare?
GUILLAUME Pentiti della tua vita scapestrata. Leggi.
VILLON Cosa devo leggere?
GUILLAUME Leggi la scienza.
E lascia i tuoi pazzi compagni al loro destino.
VILLON Bene, padre Guillaume. Tornerò da Margot.
GUILLAUME Ma la Taverna è diventata una sorta di lupanare.
VILLON Hai qualcosa contro Maria Maddalena?
GUILLAUME No. Si pentì e fu fatta Santa.
VILLON Allora non disperare.
GUILLAUME Bene, non aggiungo altro.
VILLON E io ti benedico e ti saluto, Don Guillaume.
Fine del sottofondo musicale.

 

 

NONO QUADRO
Taverna della “Pomme-de-Pin”, l’anno dopo. Villon vive alla spalle della Grosse Margot, aiuta un po’ al banco, versa il vino ai clienti. E’ l’abiezione. Le due panche e il panchetto davanti al bancone sono pieni di gente, fra cui prete misterioso coperto da un largo cappello, secondo la moda del tempo, e una zingara che sembra un travestito: sono, mascherati, Régnier, il prete, e Colin, la zingara.
VILLON (versando il vino) Bevete, amici, che poi si farà musica, come è
consuetudine qui alla “Pomme- de - pin”. Recita un antico canto goliardico, “In taberna.”
“ Tam pro paga - tam pro rege - bibunt omnes sine lege - Bibit hera, bibit hero - bibit miles bibit clerus - bibit ille, bibit illa - bibit servus cum ancilla- bibit velox, bibit piger - bibit constans, bibit magrus - bibit rudis, bibit magnus - bibit pauper et aegrotus - bibit soror, bibit frater - bibit anus, bibit mater - bibit iste, bibit illa - bibunt centum - bibunt mille!”
VOCE E noi che figli siamo, beviam beviam, beviamo!
ALTRA VOCE - Ed ora vi reciterò l’”Ordo vagorum”, il carme dei “clerici vagantes” di Abelardo, lo sfortunato prete che fu castrato: “ Tutto sperimentate - di questa nostra vita - i vantaggi apprezzate - i clerici perversi - sempre perseguitate - quando non sono larghi a farvi caritate !
Risate generali. L’allegria cresce, comincia la fase musicale. Inizia Marion l’Idole, ossia Isabel, l’ex fidanzata di Régnier, che ha lasciato gli studi ed è diventata una puttana.Canta“La Ballata delle buone lingue”, di Villon.Fisarmonica e chitarra.
MARION Per buone lingue sembra sian tenute / le Fiorentine e pur le Veneziane /
tanto da poter essere temute / E così le Lombarde o le Romane /
le Genovesi e le Napoletane / e le Ischitane piene di salute /
Che devo dirvi ancor più di così? Le meglio lingue sono di Paris!

Han fama di saper bene parlare / le Tedesche o dir si voglia Germane /
pare che siano brave a chiacchierare / le Spagnole e pur le Catalane /
ed anche, come pare, le Africane. / Ma è inutile il brodo allungare:
Che devo dirvi ancor più di così? Le meglio lingue sono di Paris!

Le Brèttoni e le Svizzere son niente - similmente Guascòne e Lorenesi -
Han buona fama Inglesi ed Irlandesi - Così si dice, ma per me si mente. /
Ahimé, dimenticavo le Ungheresi! - Ho messo insieme un sacco di paesi /
Che devo dirvi ancor più di così? - Le meglio lingue sono di Paris!
Applausi. Si fanno avanti Margot e François. Cantano “La Ballata del macrò” di Bertolt Brecht,da “L’opera da tre soldi”,musica di Kurt Weill.
FRANCOIS Ricordi tu quel tempo che fuggì / quando si stava insieme notte e dì.
Grazie ai clienti che portavo a te / tu mi vestivi dalla testa ai piè.
(parlato) Così va il mondo, va anche così.
Se poi veniva uno dei tanti io me ne uscivo allora dal letto e mi bevevo un bel cicchetto ./ E poi correvo a ritirare il grano /
E gli dicevo: - Torni presto qui ! -

MARGOT Ed ho passato cinque mesi e più / in quella casa ove vivevi tu./
O giorni belli che passammo là/ a far l’amore in piena libertà/
E quando a soldi si era un po’ nei guai/ tu mi dicevi:Come, non lo sai?
della camicia a meno si fa, nel bel bordello dove noi si sta.
Allora io diventavo un po’ cattiva/ti rinfacciavo le porcate che facevi/
e ti mi davi un cazzottone in bocca/ a andavo a letto con la faccia blu/
INSIEME Eppure mai dimenticar potrò/ quel bel bordello e come ci si amò.
Bis.Applausi. François, rimasto solo, canta “La Ballata della Grosse Margot”, di Villon.
VILLON Se amo e servo la bella dal buon cuore
pensate davvero che sia vile o sciocco?
Non sono né un bastardo né un pitocco!
Lei mi soddisfa in pieno con il suo ardore!
Se viene gente corro a prendere un bicchiere
corro col vino, per il vostro piacere.
Offro il pane, il formaggio, il pane e la frutta
e lei in compenso mi si offre tutta.

Tornate qui, con buona volontà:
qui nel bordello dove noi si sta

Spesso tra di noi si litiga di brutto:
Margot viene a letto con la faccia a lutto
perché neanche un soldino ha rimediato.
La odio in quel momento , la odio a morte
la maledico e lei e la mia brutta sorte
le strappo vesti e cintura, indemoniato,
voglio venderle e fare che sia saldato
il mio debito, ma lei mi si ribella.
Così la sfregio sulla sua faccia bella.
Tornate qui, con buona volontà,
qui nel bordello dove noi si sta.
Vento, grandine o gelo, ho il mio pane cotto
Sono una magnaccia, e allora? Me ne strafotto.
Stiamo bene insieme, l’uno vale l’altro

siamo una gatta cattiva e un topo scaltro.
Niente onore: l’onore se ne va
qui nel bordello dove noi si sta.
Applausi dei presenti. Chiude la serata Margot con “Surabaya Johnny” di Bertolt Brecht.
MARGOT Non avevo che sedici anni/da lontano arrivasti quaggiù
mi dicesti:lavoro nei treni/ su una nave non salgo mai più.
Quanto parole, Johnny,/non una vera, Johnny/Tu m’hai mentito, Johnny,
dal primo giorno,Johnny./Oh come t’odio, Johnny/quando mi guardi così!
E smettila di fumarmi in faccia, porco!
Surabaya Johnny,sei crudele con me/Surabaya Johnny, ma ti dico di sì/
Surabaya Johnny, sei crudele con me/Surabaya Johnny sono triste perché/
tu non hai cuore, Johnny, ma mi piaci così!
In principio era sempre festa,/finché non mi prendesti con te/
dopo quindici giorni soltanto/non ti andava più niente di me.
Ora vivo sul lungo fiume/ passeggiando ogni notte su e giù
se mi vedo allo specchio mi trovo/come avessi quarant’anni o anche di più!

Non era amore, Johnny, tu volevi i soldi, Johnny,
e io pendevo, Johnny, dalle tue labbra, Johnny!
Volevi tutto, Johnny, e io ti ho dato di più!
E smettila di fumarmi in faccia, porco!
Tu non hai cuore, Johnny,/tu sei un vigliacco, Johnny,
tu te ne vai, Johnny/ e dimmi perché, Johnny/
eppure io t’amo, Johnny/ come il primo giorno, Johnny,
e smettila di fumarmi in faccia, porco!
Surabaya Johnny, sei crudele con me/ Surabaya Johnny, ma ti dico di sì/
Surabaya Johnny, sono triste perché/
tu non hai cuore, Johnny, ma mi piaci così !
Applausi vivissimi di tutti i presenti. La zingara(Colin) e il prete(Régnier)fanno da parte con François e gli si rivelano.François è sorpreso, ma i due lo zittiscono. Barcollano, sono tutti e tre ubriachi.
COLIN Zitto! Non farti sentire, ci sono spie dappertutto, questo Louis Onze
vorrebbe eliminare la Coquille!
REGNIER Usciamo, andiamo un po’ in giro come ai vecchi tempi.....
Escono, mentre la pedana si svuota e si oscura. I tre girano intorno alla pedana,

schiamazzando e cantando, da ubriachi, un pezzo di Surabaya Johnny. Poi si fermano davanti al velatino. Dietro si vedono le ombre di tre scrivani che lavorano. Régnier li vede, comincia a urlare:
REGNIER Cosa fate, schiavi! Lavorate a quest’ora! Vi fate sfruttare come muli dal
notaio Ferrebouc! Vergognatevi, borghesi!
COLIN Venite fuori, voglio leggervi la mano! E carezzarvi il pisellino!
VILLON (si mette a trottare, nutrisce, sbronzo marcio) Sono un cavallo, sono
Pegaso! Chi di voi vuole salirmi in sella?
FERREBOUC (uscendo dallo studio notarile, con un bastone) Cos’è questo chiasso?
Andatevene via, delinquenti! Guardie! Guardie!
La minaccia delle guardie innervosisce Colin e Régnier. Come un sol uomo estraggono e colpiscono sul petto il notaio, che crolla a terra. Villon, spaventato, scappa, ma sono apparsi due gendarmi che arrestano Régnier e Colin e raggiungono Villon.
DECIMO QUADRO
Parigi, prigione dello Châtelet. Qualche giorno dopo.Ora la pedana centrale si è trasformata in un letto-giaciglio di Villon sulla panca, ed il tavolo e l’altra panca sono state spostate da un secondino. Entra Villon, solo. Ha in mano una borsa di pelle a bauletto dove tiene i libri e le sue poesie, oltre effetti personali. E’ cupo, tristissimo, ha saputo nel carcere una notizia che lo ha sconvolto. Chiede, al secondino:
VILLON Ma ditemi, per carità...! E’ proprio vero?

GUARDIA Certo che è vero. Il problema è stato Mercier. Il boia non voleva mandarlo
sulla forca per non avvicinarglisi. Mercier aveva paura, avrebbe battuto
i denti, se li avesse avuti, ma non glie ne restava neanche uno. Alla fine il
carnefice ha cambiato cappuccio, se n’è messo uno pieno di lana, spesso
come un materasso. E ha fatto il suo lavoro.
VILLON E Colin?
GUARDIA Colin de Cailleux è stato subito portato a Montfaucon. La forca lo
aspettava da tempo, era già pronta per lui. Louis Onze ha ordinato
personalmente che fosse subito impiccato, così com’era travestito, da
donna.Cioè da zingara. Quindi si può dire che non se l’è fatta nei pantaloni.
VILLON (piangendo) E Régnier de Montigny?
GUARDIA Non ha fatto una piega. Per lui era come una passeggiata in campagna.Ha
toccato la forca come si tocca un albero. Ora sta in mezzo, come Cristo
tra i due ladroni. Solo che lui non era Cristo. Era un diavolo.
Pausa. Il secondino guarda Villon.
A voi toccherà all’alba. Tra poco. Buon viaggio.
Esce. Sul fondo, dietro un secondo velatino, si profilano i corpi di Régnier de

Montigny di Mercier e di Colin, sulla forca. Sono sollevati da terra ed hanno il cappio al collo, per cui devono sembrare, grazie ad un’invisibile tavoletta di cristallo levigato su cui poggiano i piedi, e ad un’acconcia illuminazione, realmente impiccati.
VILLON (piangendo la morte dell’amico) Che tu sia vendicato, Régnier, nel regno
delle paludi infernali, sussulta, canta e grida! Bevi e cavalca tutte le
ragazzine che ti vengono sotto tiro, fregatene di tutti, di Colin che ti sta
accanto vestito da donna, e di Mercier che, se puzzava da vivo,
figuriamoci da morto, scommetto che lo senti anche se sei trapassato
con grazia, con la tua nonchalance di sempre.... Io me ne andrò domani,
ma mi metteranno insieme a gente che non conosco, un altro terzetto,
che schifo. Ora che sto per lasciarla, la nostra città , Parigi, mi accorgo
che l’amavo, la Montagna Sainte Geneviève con la nostra Sorbonne,
Les Arènes de Lutèce, la Place Maubert, e la Cattedrale di Notre Dame e
la Senna che se ne frega di tutto e scorre tranquilla, il giorno come la
notte....Ciao, Régnier. Ci vediamo domani, chissà, su qualche vascello
che solca l’Acheronte, o nella Taverna dei Quattordici Peccati - nella
nostra bolgia saranno almeno il doppio - o nel girone delle streghe, o

delle beghine, che tanto ti affascinavano....
Canta la “Ballata degli impiccati”, nella versione di Bertolt Brecht,o in quella di Fabrizio De André....Dal buio della notte entra la luce dell’alba. Entra il Secondino.
GUARDIA Andiamo, poeta. Il “Testamento” l’hai già fatto, sei a posto con la
coscienza.
VILLON Conosci i miei versi? Bene. La mia fama si estende dallo Châtelet a
Montfaucon, sulla collina delle Buttes Chaumont, dove strani frutti
umani pendono dagli alberi.
Entra trafelato Don Guillaume.
GUILLAUME (esponendo una carta, trionfante) Sei salvo, François!
Legge:
“ La Corte cancella la sentenza per ciò che riguarda l’impiccagione
di François Des Loges o de Montcorbier, detto Villon, ma, tenuto conto
della sua cattiva condotta, gli commina la morte nel bando immediato
dalla città e dal territorio di Parigi, per dieci anni.” Sei libero!
VILLON (come in trance) Libero...sono libero....
Prende la sua borsa, la riempie di libri, la chiude, esce, dopo aver

abbracciato Don Guillaume. Scende dalla pedana, cammina lentamente, un po’ claudicante, verso la porta d’ uscita, con la sua borsetta.
GUILLAUME(dal palco) Dove andrai, François?
VILLON(allontanandosi) Non lo so.
Un faro lo accompagna come in un corridoio luminoso, verso l’orizzonte, un po’ come nel finale di alcuni film di Chaplin. Il velatino di fondo si spegne, facendo sparire i tre impiccati. François esce dalla porta del pubblico. Mentre inizia la musica, tutta la compagnia va a sistemarsi in vari modi sulla pedana. La Musica è la “Corale della Ballata degli Impiccati”, con le parole di Villon ed in una nuova versione musicale.Partecipano tutti, anche Villon che è rientrato, e gli impiccati.
CORO Fratelli umani che sopravvivete,
contro di noi non siate troppo duri:
se pietà di noi poveri avrete,
Dio renderà mercè ai cuori puri.
Qui ci vedete appesi, in cinque o sei.
Quanto alla carne fin troppo nutrita,
da tempo è divorata e imputridita.
Cenere e polve l’ossa, eppur vorrei
che di noi non ridiate, anche se brutti
ma Dio pregate che ci assolva tutti.

Se vi diciam fratelli non dovete
risentirvi benché ci abbia uccisi
la Giustizia. Pertanto voi sapete:
non tutti han cervello e van derisi.
Scusateci se siamo trapassati
davanti a Cristo figlio di Maria,
che voglia fare grazia a noi impiccati
e ci salvi da Satana e genìa.
Non ridete di noi, morti e distrutti
ma Dio pregate che ci assolva tutti.

La pioggia ci ha lavati e ripuliti
e il sole ci ha seccati ed anneriti.
Le gazze e i corvi gli occhi ci han cavato
la barba e i sopraccigli ci han strappato.
Non stiamo fermi mai, per un momento,
ma oscilliamo come varia il vento

gli uccelli i nostri corpi disgraziati
come ditali ci han bucherellati.
Suvvia fratelli, non siate farabutti
ma Dio pregate, che ci assolva tutti.

O Principe Gesù e tu, Maria,
voi che avete su tutto signoria
salvateci dall’Inferno e così sia.
Voi non scherzate, vecchi, donne e putti
ma Dio pregate che ci assolva tutti.

FINE

 
 
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